“Indovina quanto bene ti voglio”.
“Infinibile, mamma”.
Le parole sono una delle mie passioni. Un sentimento naturale, una relazione solida e pluriennale. Niente di esclusivo- per carità, non m’illudo- so che milioni, forse miliardi, di persone nutrono un sentimento simile al mio. Altro che amour à trois, qui mi sa che si pratica l’amour à tous. Un’orgia lessicale.
Oggi amo moltissimo i neologismi dei bambini e delle mie in particolare. Amo a dismisura quell’ “infinibile” inventato da Signorina A, deliziosa crasi tra infinito e inesauribile.
Nel tempo ho amato anche molto altro, ho avuto infatuazioni sporadiche per diverse parole, anche contemporaneamente. Una vita letteraria promiscua e infedele. E una volta accesa la passione, le cercavo dappertutto, queste parole che amavo, me ne riempivo la bocca e i giorni, per poi talvolta abbandonarle ad un tiepido destino. Ricordo per esempio di essermi sentita per mesi “basita”, ogni circostanza era buona a impietrirmi. Poi è stata la volta di “stillicidio”: sembrava che tutto sgocciolasse lentamente intorno a me a permettermi di abusare di questo sostantivo. C’è stata quella volta in cui ho preso una cotta per “bostrofeico”, che è una parola veramente maestosa, ma decisamente difficile da indossare nella vita di tutti i giorni. Da ragazza, poi, ad un certo punto mi gloriavo dell’infinito “perplimere”; penso di averlo usato con altezzosa sufficienza anche durante interrogazioni di letteratura italiana prima di scoprire amaramente che era stato inventato in tempi recenti di sana pianta da una mente particolarmente creativa. Allora è stata la volta di “paludato”, una di quelle parole che prima misconoscevo, poi odiavo per la sua altisonanza, prima di abbandonarmi ad una passione sfrenata quanto caduca. Un po’ come è successo con “pantagruelico”, da cui sono stata sedotta mentre ero immersa nei fumi della letteratura francese, e poi presto abbandonata. Un affetto particolare lo riservo ai neologismi, ma non quelli mutuati da altre lingue – che generalmente mi provocano l’orticaria- quelli nostrani e misconosciuti. Quel “pescigente” con cui mia nonna definiva l’ambulante che arrivava al paese il giovedì col suo carico di aringhe- per dire- continuo a trovarlo irresistibile. E poi “Ancillare”, “Ampolloso”, “Mutualismo”, “Gerontofilia”, “Avulso”, “Centellinare”, “Orpello”, “Pruderie”, “Gigioneggiare”, “Ceruleo”, “Ottuagenario”, ce ne sono talmente tante di parole belle, che non posso nemmeno ricordarle tutte.
Ed è una fortuna questa, son certa che è un amore che non conoscerà tomba, perché le parole, si sa, sono infinibili.
🙂
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🙂 🙂 🙂
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Imprescindibile, accurato e godibile componimento.
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ho come il sospetto che questi tre attributi ti stiano particolarmente a cuore…:-)
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Noooo, ho solo pensato a qualcosa di adatto all’argomento da te trattato con maestria.
Buona notte e fa bei sogni.
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grazie Neda! baci e buona giornata
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Una lettura che mi titilla la papilla, anzi la favella! 🙂
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ognuno ha il suo scrigno di paroline di cui è innamorato (titillare, bello!)
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Eh! Forse sei troppo giovane, ma qualche anno fa “ti titilla la papilla” era lo slogan di una pubblicità di una caramella (forse la Golia, ma non ne sono certo)…da allora l’ho adottato!
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Io ancora oggi me ne vado in giro pronunciandole certe bellissime parole, e ti lascio immaginare le facce di chi mi sente…. :-)))
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forza, fammi qualche esempio!
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Alcune le hai scritte tu come pantagruelico, stillicidio ecc… altre potrebbero essere lapalissiano (che io davvero pensavo fosse una parola conosciuta da tutti), pleonastico, taumaturgia…. e ora non me ne vengono altri…. ;-)))
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un campionario delizioso
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Grazie, mi piace l’aggettivo delizioso… :-)))
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Leggendo le tragedie greche: pletora. 😳 Guardando Heimat di Edgar Reitz:” ich liebe dich” , ma proprio come lo dicevano gli attori! E poi “cosa accado’.” Come dice la mia Pulcetta quando chiede il continuo di una storia!!! 😂
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affettuosamente sofisticata!
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Centellinare, quanto amo dire centellinare…
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un verbo che non so centellinare, nemmeno io 🙂
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🙂
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Infinibile, che bello, lo adotterò.
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oh, sì, è adottabilissimo!
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i neologismi dei bambini sono così poetici. “Infinibile” merita una promozione nel vocabolario della Crusca
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chissà, magari se ne accorgeranno 🙂
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