“Quando sciarò piccola…” e la teoria della descrescita felice di Miss T

Miss T è “ciorella” a due seienni che, insieme ai cuginetti di otto e undici anni, le hanno consegnato un bagaglio di abiti e giocattoli pieni di memorie recenti. Lei, che ormai ha capito il meccanismo, spesso chiede l’origine di quello che indossa. Se lì nei paraggi c’è una delle originarie proprietarie dell’indumento, questa ci tiene a sottolinearne la primitiva appartenenza.

Miss T, questo pigiama era mio“, rivendica.
Sci, ma adescio sciono io piccola e il pigiama è mio“, risponde trionfante Miss T.

Quando, invece, Miss T scopre flussi di indumenti in uscita verso la più giovane Cugina A, specifica con sicumera che prima o poi si ripresenterà un giorno in cui lei reindosserà senza problemi la taglia 18 mesi.

Quando sciarò piccola, lo rimetto“, conclude.

Si direbbe che Miss T presenta già in giovanissima età una di quelle nostalgiche ossessioni per le taglie perdute, ma in verità credo ami prendersi qualche poetica libertà nella concezione del tempo.

Sabato abbiamo trascorso l’intera giornata in casa, per favorire il recupero della convalescente Signorina A e dedicare tempo – molto tempo- al suo faticoso rimettersi in pari coi compiti della settimana di influenza.
La poveretta, preda sia della debolezza post-febbrile sia di un rifiuto (per non dire scoglionamento) cosmico nei confronti dello stampato minuscolo e degli insiemi equipotenti, ogni tanto si concedeva qualche pausa. Durante una di queste – mentre Signorina C, Miss T e il signor Pàpici erano in missione a procacciare cibo al mercato- ha cominciato a disegnare stelline da appiccicare sui muri e tirato fuori da un cassetto trombette e palloncini.
Mamma, organizziamo una festa“.
Una volta rientrata Mademoiselle C, l’idea primordiale di Signorina A è diventata la missione totalizzante della restante parte della giornata: allestire e festeggiare il non-compleanno dell’intera famiglia.
Abbiamo preparato festoni, la pizza, una torta, ci siamo vestiti a festa (con Mademoiselle C e Signorina A indossanti abiti estivi svolazzanti sopra abiti invernali riscaldanti, diademi sul capo e calze antiscivolo a foggia di eleganti paperine, ma soprattutto col Signor Pàpici eccezionalmente in cravatta). Mademoiselle C ha anche affisso il menù della cena sul frigo. Abbiamo preparato  la pizza e una ciambella marmorizzata insieme e soffiato una candelina a forma di 5 (no, non è perché ce ne avevamo un paio da riciclare dall’anno scorso è proprio per festeggiare ciascuno dei nostri cinque non-compleanni) a luci rigorosamente spente, intonando un’allegra “Buon non-compleanno a nooooooi”, che è rimasta tanto impressa a Miss T da indurla a ripeterla nel sonno profondo nel cuore della notte (ma questa è un’altra storia).

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Tutto questo grazie alla fantasia bambina di chi è ancora in gamba abbastanza da trasformare un giorno di reclusione in una festa a sorpresa. Il mio unico merito è stato quello di lasciarle fare, senza frapporre tra noi e la realizzazione di un momento di gioia tutti i diktat adulti del tenere la casa almeno minimamente ordinata.

Il mio demerito è stato, a un certo punto del pomeriggio, di sgridare a decibel fuori norma Mademoiselle C e Signorina A, ree di aver provocato involontariamente una caduta ammaccatesta a Miss T. Il motivo del mio urlo non è stato tanto l’incidente in sé, quanto la reazione delle due “ciorelle” maggiori che, di fronte al fatto, non hanno soccorso la piangente duenne, impegnate com’erano a rimbalzarsi la responsabilità dell’accaduto. E così, l’ho fatto. Ho urlato.
Più tardi, sul divano in attesa del film che avrebbe consacrato la riuscita della festa domestica, ho chiesto scusa per l’intensità di quell’urlo (che loro avevano superato, ma io no).

Mamma, perché ci sgridi e poi ci chiedi scusa per averci sgridate? Non fai prima a non sgridarci e basta?” osserva Mademoiselle C.
” Dovevo sgridarvi, perché avevate fatto una cosa sbagliata. Solo devo ricordarmi di non urlare forte” le spiego.
“Secondo me, lo fai di nuovo“, mi stronca Mademoiselle C.

Dentro di me, mi dicevo che non sempre si riesce a ricacciare i decibel nella gola. Che diventando grande lo avrebbe capito anche Mademoiselle C.

Ma non gliel’ho detto.

Non gliel’ho detto perché non è vero che crescere ci migliora in assoluto. Ci migliora per certi aspetti, ci dona il fardello mezzo pieno e mezzo insidioso delle responsabilità, ci regala la libertà (che poi noi la imbrigliamo è un problema nostro, ma non di crescita). Però per molti aspetti, i bambini sono meglio di noi. Per la potente immaginazione che trasforma un pomeriggio in una festa che non esisteva, per la poesia di pensare possibile il tornare piccoli, per i ragionamenti puliti e senza fronzoli, per il saper staccare dai doveri per disegnare stelline.

Qualche volta conviene imbarcare la strada del tornar piccoli, di una sana decrescita felice, per riconoscere che la verità non è “quando sarai grande capirai”, ma “quando sarò piccolo, capirò”.

21 pensieri su ““Quando sciarò piccola…” e la teoria della descrescita felice di Miss T

  1. La festa di non compleanno è magica…e direi che sei stata brava ad assecondare questo loro desiderio…l’urlata a decibel eccessivi la dimenticheranno la festa assolutamente no 😉
    Anche io sgrido e chiedo scusa…che meccanismo perverso…non so se pacifichi o quasi dia più fastidio, non l’ho ancora capito!!! Un abbraccio e grazie per questo racconto fiabesco…

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