La specie da cui discendiamo

Metro, sabato mattina, ore undici. Carrozza moderatamente affollata.

Entrano tre persone, due di esse impegnate in una discussione furiosa.

– Ti dico che è mia!– urla lui con rabbia a pochi centimetri dal viso di lei.

– No, è mia, punto e basta- ringhia lei, voltandosi di scatto e frustandogli il naso coi lunghi capelli castani.

– Me lo ricordo benissimo, sai: la chitarra l’avevo trovata io!– la prende lui per un braccio, incurante degli occhi assiepati intorno alle sue grida fuori misura.

La donna che è con loro cerca inutilmente di sedare l’alterco, parlando loro fitto nell’orecchio, visibilmente alterata anche lei.

– La devi smettere di cercare sempre di convincermi che sei tu quello che ha ragione– sibila lei, guardandolo dritto negli occhi

– Ti dico che la chitarra l’avevo trovata io nelle patatine, l’ho lasciata a casa di mamma e poi tu me l’hai presa– la incalza lui, senza mollare la presa.

– L’ho trovata all’asilo, invece– afferma lei, col tono di chi è sicuro di essere dalla parte della ragione.

Sssei una bugiarda strilla lui con la lingua che scivola nella finestra degli incisivi da latte perduti.

– Non sono una bugiarda. Anzi, tieni – fa lei con sdegno, porgendogli l’oggetto origine della baruffa- sai perché te la do? Perché sono gentile.

E mentre lui si gira incredulo tra le mani l’agognato portachiavi a foggia di Fender Stratocaster, lei continua.

– Io sono sempre gentile con te, sai? Ti ricordi che oggi avevi finito la tua salsiccia e ho lasciato che ne prendessi un po’ dal mio piatto? Ecco.

Lo fissa, mentre lui è senza parole.

È tranquilla, non c’è più traccia nella sua voce della collera di pochi secondi prima.

– Tu tieni la chitarra, ma in cambio impara a trattarmi con gentilezza– conclude.

Finalmente lui apre bocca. È calmo, quasi timoroso.

Sai che forse mi sono sbagliato? Mi sa che la chitarra è la tua– le sussurra sorridendole e insieme trotterellano con la nonna verso l’uscita.

I bambini sono la specie da cui discendiamo tutti noi adulti. Quella stirpe psuedoaliena da cui, nostro malgrado, ci siamo evoluti. In questo processo di adattamento alle leggi che crediamo regolino il mondo, abbiamo perso necessariamente qualche carattere della nostra specie primigenia. Peccato.

Ma se li osserviamo, loro ci restituiscono minuscoli squarci di consapevolezza. Ci danno piccole lezioni di esistenza spicciola, che a ben pensarci possono rivelarsi più importanti dei grandi paradigmi che governano la nostra vita di adulti.

La prima lezione dei due bambini in metro è: se vuoi davvero avere la chitarra, cedila per primo. Se desideri che ti venga riconosciuta la ragione, metti in dubbio di avercela, fai un passo indietro.

La seconda, forse la più importante: esercitati alla gentilezza, ché è da lì che ne nasce altra, di gentilezza.

La terza, infine: terminata la burrasca, valutare l’opzione di trotterellare via mano nella mano.

19 pensieri su “La specie da cui discendiamo

  1. Sono assolutamente d’accordo,quello che hanno di bello i bambini è che sono disposti a recedere dalle loro convinzioni e a fare un passo indietro, cosa che gli adulti, purtroppo, difficilmente fanno! Buon inizio settimana 🙂
    Date: Mon, 29 Feb 2016 09:59:48 +0000 To: silvia-1959@live.it

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  2. Bellissimo! Io credo che se potessimo imparare da loro, prima che diventino troppo uguali a noi, saremmo in grado di creare una civiltà di pace e prospera per tutti. Lo adotto! #adotta1blogger 🙂

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