Usare la promessa di un dolcetto come esca per indurre all’ingestione di una giusta dose di broccoli, cavolfiori e affini.
Tacere di fronte alle diatribe tra sorelle non tanto per seguire dettami montessoriani, ma per inettitudine assoluta a comprendere e men che meno dirimere le questioni di lana caprina che governano certi loro giochi.
Ingurgitare di nascosto l’ultima fetta di torta e poi negare ostentando innocenza di fronte alle insistenti domande delle bambine, poi cambiare improvvisamente discorso.
Rispondere a delle richieste con un imprecisato “dopo” che nella mia testa è già inderogabilmente sinonimo di “mai“.
Attestare scientificamente l’aumento istantaneo di massa muscolare localizzato nei bicipiti, immediatamente dopo l’ingestione di una forchettata di spinaci.
Fingere di aver capito il racconto dell’ultima puntata del cartone animato preferito, anche se non ho ascoltato mezza parola del resoconto accorato delle bambine.
Lasciare per un’intera giornata una bambina con evidenti e puzzolenti tracce di rigurgito da yogurt sul bavero della maglietta.
Giustificare un’ingiustificabile perdita di pazienza nei confronti di una bimba con un “però ha cominciato lei”.
Consigliare di usare “specchio riflesso” all’ennesima lamentela su un presunto insulto ricevuto dalle sorelle.
Farmi riprendere dalla prole per un uso eccessivo del telefono.
Procrastinare il mio aiuto richiesto ripetutamente per la realizzazione di un manufatto artigianale e contemporaneamente richiedere all’istante risposta per un servizio a me utile.
Rispondere “perché io sono la mamma” o l’intramontabile “perché sì” a domande del tipo “perché decidi tu come ci vestiamo noi?” o “perché tu mangi un gelato tre gusti e noi uno da due?”
Urlare di smettere di urlare (il mio personale capolavoro, modestamente parlando).
(Madre d’Artista è una scultura di Gloria Bertolone. Non che sia madre di artisti, è che sono molto affezionata all’anagramma madre/merda).
Faccio anche io parte della categoria. Faccio anche io capolavori di sintesi come “Vai a spogliarti in camera tua” mentre mi tolgo le scarpe in salotto. Però non avevo mai pensato all’anagramma madre/merda. Ora mi spiego molte cose.
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Io ti trovo adorabile sempre e comunque! 😍
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Fossero tutte come te ….
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No, dai, vuoi dirmi che dopo otto anni di maternage ancora non mi ero accorta dell’anagramma? Invece di tutti i miei difetti sì, con piccole variazioni sulle tue, del tipo che invece di “dopo” dico “aspetta”, o, perché no, il sempreverde “VEDREMO” (non vedevo l’ora di essere genitore solo per comprendere la viscerale necessità di pronunciare questa parola udita dai miei per decenni).
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Ma quanta slealtà, signora!
L’ultima parte, non sarà una perla, però volendo si può anche accettare: ubi maior minor cessat… che se già lo dicevano i latini!!!
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“però ha cominciato lei” è inarrivabile!
ml
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Fantastica 😊☺️
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Le mamme hanno sempre ragione (anche quando hanno torto).
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Cara Neda: “Le mamme hanno sempre ragione (anche quando hanno torto).”
Lo diceva sempre anche mia madre, era il suo slogan, il ritornello che mi ha accompagnato dalle fasce alla maggior età, e solo il cielo sa quanto ogni volta digrignassi i denti. Sull’orlo di passare maggiorenne (per la Legge – elle maiuscola – non certo per mia madre) arrivai a obiettarle: «Cosa me ne frega della democrazia, se mi fai vivere in piena dittatura, con te che parli e ragioni da tiranno senza possibilità di appello».
Inutile dire che l’esito del mio discorso fu che… “Le mamme hanno sempre ragione (anche quando hanno torto).” 🙂
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Anch’io sono figlia di una cotanta madre.
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Compiaciamoci! Vuoi mettere come ci ha temprati?
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Vero, è stata una lotta che mi ha fatto apprezzare la mia libertà personale da adulta. Tra l’altro, mia madre non ripeteva le cose due volte, come Paganini, bisognava capirle subito !
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P.S. Era una donna che ti zittiva con uno sguardo, ma non ha mai alzato le mani su di me nemmeno quando me le sarei meritate; non ricattava, non minacciava, non urlava, ma il suo sguardo, il suo silenzio, annullavano qualsiasi replica.
Da grande, ormai donna consapevole di me stessa, mi sono guadagnata il suo rispetto replicando con calma alle sue osservazioni e ribadendo il mio non essere una sua fotocopia.
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A proposito Guido, visto che non ho capito come si può commentare sul tuo blog, (chiedo perdono a Erodaria per aver invaso il suo) volevo dirti che la macchina da scrivere del tuo avatar è molto simile alla mia che ho da quando ero ragazzina: una Everest 90.
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Da quella macchina da scrivere sono passate pagine e pagine della mia vita, e a proposito del mio blog, quello in cui sei incappata ha i commenti chiusi, perchè lo uso come brochure a chi mi chiede di volta in volta un profilo.
Il mio blog aperto e quindi a commenti anzi graditi è http://guidosperandio1a.wordpress.com
A questo punto, penso proprio che sia il caso di chiedere scusa all’ospite erodaria – giuro, erodaria – non commetterò mai più simili intrusioni e considerati in credito di bouquet di rose-champagne-cioccolatini a manciate e anche di un buon Natale e, dimenticavo, di uno scudo originale antico romano per proteggerti dai dardi delle tue tre-piccole belve-tre.
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Neda e Guido siete più che benvenuti qui!
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Grazieeee! 🙂
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Grazie:registrato.
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