Filastrocca della felicità

La felicità non conosce le regole del piano cartesiano:
è una faccenda immensa, ma può star chiusa in una mano.

Snobba le basi della prospettiva, di Brunelleschi si fa grasse risate:
da vicino si fa microscopica punta di spillo; se si allontana, diventa una muraglia cinese con chilometri di arcate.

È sprezzante di gabbie e definizioni di chicchessia:
quando ti sembra di averla afferrata, lei s’è già fatta nostalgia.

Non conosce né bon-ton né pulizia,
sa essere sporca e degli altri sentimenti fa impunemente razzia.

Dall’aritmetica sta felicemente alla larga:
la felicità a condividerla s’allarga.

Delle regole della fisica non si cura per niente
senza essere combustibile, moltiplica la forza della gente.

Non ha rispetto nemmeno per la meteorologia di generali e colonnelli
sa fare arcobaleni dentro a piogge potenti, per poi scappar via nei giorni di sole più belli.

Per dispetto, non assume nessuna identità,
ha milioni di sembianze e nemmeno un’età.

È un abito che non conosce luoghi e stagioni
adorna bambini, caprette, giunchiglie e vecchi babbioni.

Non ha cura alcuna per ciò che disciplina la materia,
Si crea, si distrugge, per un attimo è solida, poi di nuovo eterea.

Abita note di canzoni, baci bavosi, profumi di pane
germogli, salsedine, rintocchi di campane,
abita abbracci, sentieri, fragole, cucce di cane.

A esser sinceri, la felicità non so cosa sia,
più la penso, più lei sfugge via.

Ma io la cerco con gli occhi bendati e le mani protese:
la felicità, questo sì, ama fare sorprese.

(eRODARIa)

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