L’età che mi merito

Ferma a un semaforo di via Po in attesa di attraversarla, mi sono sorpresa ad osservare un carico di studenti universitari riversati dal 13 sul freddo asfalto di una mattina come tante. Mi chiedevo che impressione avessero di me mentre pian piano sciamavano in direzione opposta alla mia. Avranno pensato che, stretta dentro il mio parka verdone  uguale al loro, fossi anch’io studentessa, magari alle prese con la tesi magistrale? Oppure si saranno detti tra sè e sè: ” Guarda, un’altra MILT (Mother I’d like to taunt= madre che mi piacerebbe sfottere) che si veste da ventenne”?. La risposta è chiara: questi ragazzi ovviamente non hanno pensato una mazza di me, ognuno perso dentro ai fatti suoi. La domanda, invece, ha quei tratti leggermente patologici di chi, come me e qualcun altro di sicuro, ha questa sindrome dell’horror senectutis. Quell’ansia, più che di invecchiare, di apparire adulto.

Intorno ai 12 anni, mia cugina (che non apprezzerà affatto questa rivelazione) e io, teneramente inesperte delle cose del mondo, talvolta ci facevamo delle foto indossando delle mise che consideravamo da ragazze. Mi scoppia il cuore di tenerezza a ricordare quelle immagini segrete di noi, al piano di sopra della casa della nonna G, come sfondo il pavimento nero di graniglia. Abituate a muoverci nel nostro piccolo mondo vestite con tute da ginnastica e pantaloni di fustagno, ci sentivamo “bad girls” indossando abiti che oggi definirei da suora laica. Calze cento denari, gonnellina scozzese al ginocchio, paperine e golfino. Per sentirci fighe. Credo di avere anche uno scatto con gli occhiali abbassati verso la punta del naso, in cui sorrido mostrando gli occhi, di solito resi minuscoli con le mie lenti da gran signora della miopia. Una posa che oggi, con la presbiopia che incalza, mi farebbe apparire ottuagenaria. Allora, probabilmente pensavo mi desse un’aria terribilmente maliziosa.

Forse tendiamo a un’età ideale. Quando siamo piccoli vogliamo arrivarci in fretta. Quando siam grandi vorremmo sembrare di essere ancora lì. Quando siamo grandissimi vorremmo proprio che il tempo si fosse fermato là.

Però io mica l’ho capito qual è questa età, lo giuro. Voglio sembrare più giovane, ma più ci penso più non lo so mica quanto. Voglio forse avere sedici anni? Uh per carità, Dio me ne scampi, avevo addirittura più paure che brufoli. Desidero tornare a vent’anni? No, l’Università non la rifaccio nemmeno sotto tortura. Voglio averne, che ne so, ventisette e mezzo? Bah, mi sentivo più vecchia che adesso, il ticchettio dell’orologio biologico mi teneva in scacco. Trenta? Che fatica le bimbe appena nate. Trentacinque? Non ne vale la pena, era l’altro ieri. Insomma, desidero qualcosa di imprecisato che manco so se esista davvero.

Nel dubbio, per il momento mi indosso l’età che ho: me la merito e in fondo forse persino un po’ mi dona.

 

17 pensieri su “L’età che mi merito

  1. Quella del chiedersi cosa pensano i ragazzetti è tipica. A me sconvolge pensare che ai loro occhi pur sentendomi quasi come loro, in verità appaio come a me apparivano le signore della parrocchia, quelle con la permanente corta e i mocassini stondati dagli alluci valgi. Anche se indosso scarpe da ginnastica e ho ancora il piercing al naso, i capelli sbarazzini e la camminata franca. Io come età voterei 30, ma con la mia vita di adesso. Che dici? Io subito!

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      1. Ma sono così piccola che per forza! Purtroppo da vicino si vede il viso stanco, spolpato, e addirittura mi riferiscono che un parente (che non so) ha detto che sembro più vecchia di mia sorella (che ha due anni e mezzo più di me). Ovviamente quel parente ha i giorni contati.

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  2. Io voto per i 36. Ci ho pensato a lungo. Non 20 né 40. 36. Avevo già tutto quello che ho attorno a me oggi. Esperienza al punto giusto, amicizia, amore, figli, passione, indipendenza. Mi fermare ai 36. Con un bel barattolo di antirughe in mano!

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