La zia Ada

Fino all’estate dei miei quindici anni ho frequentato un’anziana signora che chiamavo “la zia Ada”. Non mi era strettamente zia, era la cugina di mia nonna Angelica per parte materna. Mia nonna Angelica e la zia Ada erano figlie di due fratelli: mio bisnonno Giovanni e il prozio Teresio. Era molto affezionata a noi “nipoti” e durante le nostre visite nel suo spazioso appartamento al quinto piano di un palazzo signorile nella periferia di Alessandria, ci riempiva di piccole attenzioni. Dolcetti di una delle migliori pasticcerie della città, i bicchieri di cristallo del servizio bello, un attento interesse per i nostri racconti scolastici, generosi regali in forma di banconote da centomilalire.

Ai miei occhi la zia Ada era un’amabile vecchia signora che parlava con linguaggio forbito da dietro un paio di occhiali da ipermetrope che le facevano gli occhi grandi e abitava una casa troppo grande per lei, di cui intuivo l’ampiezza ma di cui di fatto conoscevo solo il corridoio e la stanza bella e in ordine dove ci riceveva. Il resto giaceva in una penombra intorno a cui, allora, non mi sono mai interrogata.

Mia zia Ada era una maestra in pensione.

Molto di lei, l’ho scoperto crescendo, attraverso gli oggetti che ha lasciato nella sua casa dopo la sua morte e l’architettura della cappella di famiglia dove il suo corpo riposa e che non ricordavo di aver mai frequentato prima che ci entrasse lei.

Non si chiamava semplicemente Ada, ma Ada Silvia. Non era nemmeno granché vecchia quando la frequentavo io. Era vedova di Franco, un uomo delicato, morto suicida vittima della depressione. Lo aveva trovato lei, appeso nel suo studio. Era stata madre, una volta, di Marco, morto a un anno del cosiddetto morbo blu. Nella cappella sulla sua lapide c’è il viso di un angelo di marmo. La sua mamma, Lorenzina, è morta nell’ultimo bombardamento su Alessandria, appena 20 giorni prima della fine della guerra, il 5 Aprile del 1945. Era sorella di Carlo (nelle narrazioni della mia famiglia “lo zio Carlo”), l’unico laureato fra tutti i cugini, che dava lustro a tutti. Laureato in Economia e Commercio, era impiegato alla Corte dei Conti. Mia nonna me ne parlava spesso con grande orgoglio e solo molto tempo dopo ho compreso che non si trattava di una congregazione di nobili.

Dalle stanze che non ci aveva mai mostrato abbiamo capito di lei che era stata sì un’amatissima maestra, ma anche un’ordinata accumulatrice seriale di ricordi, una fumatrice clandestina, una ragazza innamorata.

Tra i tanti oggetti è spuntata una vecchissima corrispondenza tra lei, diciassettenne, e un bel ragazzo, Umberto detto Nino, tra il 1935 e il 1936. Se scavo bene in alcuni ricordi davvero polverosi, mi pare di ricordare che mia nonna Angelica parlasse di un lontano amore della zia Ada, suo promesso sposo, morto tragicamente. Annegato, mi pare.

Quella manciata di lettere, quelle di Nino ad Ada e quelle di Ada a Nino (qualcuno gliele avrà fatte riavere, dopo la disgrazia) le conservo io. Ogni tanto le apro. Tutto parla di un mondo che non c’è più, ma di cose che non so perché, mi pare proprio ci siano ancora, siano restate.

Alessandria, 28 Giugno 1936

Carissimo Nino,

bravo, sempre così, sempre buone notizie che fanno tanto piacere!
Hai fatto bene a tuffarti in mare, ne avrai grande giovamento. Ah! Se potessi trovarmi a Loano anch’io!
Pure vedi, proprio a farlo apposta il professore di diritto di mio fratello ha trasportato gli esami del primo corso fino al 10 luglio. E pensare ch’io ho tardato a scriverti per notificarti appunto con questa il giorno preciso del mio arrivo!
Pazienza. Intanto qui il tempo è poco bello; invita pochino a partire per i bagni. Da qualche giorno il cielo è imbronciato ed i frequenti temporali rinfrescano l’aria.
Bene per Carlo che studia diritto a tutt’andare! Io posso giovargli poco riguardo lo studio; tutto al più gli faccio recitare le tavole riassuntive; ma gli giovo per il morale e lo tengo allegro con lotte e pugilato!
E tu, come ti passerai questi due giorni di vacanza? Andrai da Lucia? Mi sarebbe poco confortante di saperti lì solo, senza persone amiche.
Se sapessi con certezza che non ti sei allontanato da Albenga in questi due giorni, ti assicuro che sarei venuta a tenerti un po’ compagnia, approfittando di una decisione presa questa mattina stessa da mia mamma di andare a Loano per commissioni. Io, nell’incertezza di trovarti, ho pregato mia mamma di rimandare la nostra venuta a Loano per martedì 30 e (se questo si effettuerà, perché vi è probabilità di cambiamento), io ti attenderò alle 12 circa o sul ponte che dovrai attraversare o in via dei Mille.
Sei contento? Io molto.
Allora a ben vederci,

Affettuosamente, Ada

 

Non so se si siano incontrati alle 12 sul ponte, io spero fortissimo di sì.

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