Da sempre faccio una fatica incredibile a decidere le cose che preferisco in assoluto. Quando le bambine mi chiedono quale sia il mio colore preferito, certo rispondo alla loro necessità di precisione, ma mentre pronuncio la parola “verde” tra me e me non so risolvermi su quale sia realmente la tonalità migliore e poi mi si insinua invariabilmente il tarlo dei miei colori preferiti passati. E se fosse meglio il blu oltremare? E il giallo limone che ravviva tutti i colori vicini? E come la mettiamo con l’energia del rosso ciliegia? Niente, non lo so mica qual è il mio colore preferito.
Parimenti, non ho mai capito quel è il mio piatto preferito (me ne piacciono talmente tanti…), la mia bevanda preferita, il mio frutto preferito, il mio mese preferito, il mio lavoro preferito, il mio paesaggio preferito, e così via.
Mi sento sempre come il protagonista di Novecento, il pianista che non ce la fa a scendere dalla nave perché non sa affrontare l’infinità del mondo.
Tuttavia, non ho mai veramente capito perché, se qualcuno mi chiede chi sia il mio scrittore preferito, non ho dubbi nel rispondere: è Italo Calvino. Non sono riuscita finora a trovare uno scrittore altrettanto rispondente al mio ideale intorno a questa professione. Credo che centrino tantissimo la sua origine agronomica, il suo impegno nella Resistenza, la pulizia e scientificità della sua scrittura, l’essere schivo, l’umiltà che brilla nelle sue interviste, l’inesauribile sperimentazione. E poi l’onestà, la razionalità, la celeberrima leggerezza. L’essere presente, attuale al punto da non crederci. Ma più di tutto la verità, il senso della scrittura come ricerca della verità del mondo, della verità dell’uomo. Forse è perché era l’unico letterato in una famiglia di scienziati e quella scienza che non è un piedistallo ma un modo di conoscere il mondo, lui l’ha infilata nella letteratura. E con questi strumenti ha fatto la sua parte nella spedizione perenne dell’uomo verso la conoscenza della verità.
Non potrà in nessun modo essere possibile per moltissime ragioni, ma se penso a chi vorrei assomigliare da grande all’interno dell’eventualità di scrivere narrativa, penso a lui. Se lo scrivo oggi, è perché oggi ricorre l’anniversario della sua morte, avvenuta 33 anni fa, quando avevo cinque anni. Lui moriva prima che io imparassi a leggere. Mi sembra incredibile il fatto di sentirlo così vicino, eppure è così, non posso dire diversamente.
Ecco, pensò Amerigo, quei due, così come sono, sono reciprocamente necessari. E pensò: ecco, questo modo d’essere è l’amore. E poi: l’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo. [Italo Calvino, La giornata d’uno scrutatore, Einaudi]
Italo Calvino a tratti lo malsopporto, con quel modo fiabesco e irriverente di spiegarti il mondo come fosse ovvio, sotto gli occhi di tutti.
Si chiama “invidia” 🙂
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forse è la stessa cosa, io la chiamo sconfinata ammirazione 😉
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Forse: del tipo che mi innervosisce però! 😬
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Anch’io ho dei problemi con i “preferiti”, anche con gli scrittori… cambio idea di giorno in giorno, come si può sceglierne uno solo? 😣
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