Distrarsi da se stessi, quando il mare è in tempesta

Ci sono giorni improvvisamente densi di emozioni. Le emozioni che addensano come una besciamelle i nostri giorni possono essere belle, possono essere brutte. Agiscono come onde di grandi dimensioni, che cancellano in un istante le piccole increspature dei nostri mari in bonaccia.

Ieri ho vissuto uno di quegli addensamenti improvvisi, uno di quelle onde anomale. Fortuna che oggi il mare è di nuovo forza uno.

Un mal di testa improvviso che non se ne va, la pressione alle stelle che non accenna a mollare la sua presa, ore di apprensione per un evento anomalo nella solita buona salute di nonno M. Hai voglia a mostrarti tranquilla con le bimbe, a dissimulare con nonna G, a rassicurare lo stesso nonno M. Quando anche lo shottino sublinguale di antiipertensivo ha lo stesso effetto dell’acqua sorgiva, diventa ora di chiamare il centodiciotto. E lì, tra lo stomaco e il cuore, si addensano delle emozioni cattive, impastando una besciamella acida e malmostosa. Ansia, paura, allarme. Fiumi di cortisolo spaccano gli argini dell’autocontrollo e si riversano in arterie, arteriole, fino ai capillari e risalgono su per vene, venule. Nemmeno te ne accorgi, mentre irrorano ogni tessuto senza tregua, avvelenandolo.

Quando sono arrivati i due operatori del centodiciotto, il mio livello d’apprensione aveva già abbondantemente superato le soglie d’allarme e acuti campanelli mi risuonavano ovunque.
Mentre nonno M veniva accompagnato verso l’ambulanza, uno dei due operatori m’ha guardato e nel percorrere il lunghissimo corridoio di casa dei miei mi ha estemporaneamente confessato: “Che meraviglia, da bambino ho sempre desiderato correre in corridoi così lunghi”.

È stato un istante.

Quel tipo un po’ stralunato che oltre ad una sgargiante divisa rossa indossava in testa uno di quegli scaldacollo di pile che lo faceva assomigliare a un rapper, ha sospeso il mio tsunami d’ansia e mi ha trasportato in un’altra dimensione. Una dimensione di bambini che corrono festanti in un corridoio. Una dimensione senza agitazione alcuna.

“Sì, vero, anche noi da bambini correvamo molto”, gli devo aver farfugliato confusamente.

Ieri sera, coricando le mie ansie dopo quelle ore così massicce di pensieri, ho provato sollievo per l’happy ending della vicenda, una grande gratitudine per chi con generosità s’è prodigato con consulti telefonici e fughe clandestine in farmacia e uno strano senso di riconoscenza verso quell’operatore e la sua frase di bambino che corre in un lungo corridoio.

Capita che ci siano persone capaci di sospendere con un gesto la burrasca che ti porti a  volte appresso, infilarla per un attimo in una bolla insonorizzata, in una stanza tappezzata di contenitori per le uova. Che ti fanno trattenere per un secondo il respiro, che ti trasportano in braccio in una dimensione parallela.

Grazie operatore rapper del centodiciotto, per aver distratto per un lampo la mia tormenta.

Grazie anche a lei, Professor G, che mi mostrava la sua dentiera sovrabbondante di denti che un dentista buontempone doveva averle confezionato per farle una burla. Grazie per quando mi annuiva sorridendo generosamente durante le domande della sua temibilissima collega e mi ha così distolto dall’ansia terribile dell’esame di microbiologia.

Grazie sconosciuto camionista olandese che mi hai chiesto di chiacchierare durante una turbolenza, distraendomi dalla terribile ansia da sciagura aerea che accompagna tutti i miei voli, specie quelli in solitaria.

Grazie a te, infermiera della sala operatoria del Sant’Anna, che mi hai accarezzato ripetutamente con tenerezza l’avambraccio prima di infilarmici la canula, per distrarmi dalla paura che qualcosa andasse storto negli attimi che mi avrebbero di lì a poco portato a vedere per la prima volta Signorina A e Mademoiselle C.

Grazie per quelle cose piccole – frasi, sorrisi, carezze- con cui m’avete accompagnata a distrarmi da me stessa.

Illustrazione brigantino La Folgore nella tempestaLa Folgore 1/2
© 2013 Chiara Giorgiutti

17 pensieri su “Distrarsi da se stessi, quando il mare è in tempesta

      1. Piacere mio seguirti e leggerti. Mi piace molto il tuo stile e mi piacciono le tue storia di vita. Io non sono mamma, ma spesso vedo nei tuoi pensieri e nei tuoi racconti la vita delle mie amiche mamme … ed io ammiro e stimo moltissimo tutte le mamme del mondo!

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  1. Che bella questa riflessione. A volte davvero le persone, con una frase o un gesto, sono capaci di trascinarci fuori da noi stessi e dai gorghi in cui sprofondiamo. Evviva l’operatore-rapper che sogna di correre nel corridoio! Poetico, e vero.

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