È di non più tardi di due giorni fa la mia ennesima e più recente invettiva contro la foto che a partire dal nove uno millenovecentonovantanove, ossia una data che in otto slot liberi ripete solo due numeri, l’uno e il nove, alias l’alfa e l’omega dei numeri a cifra singola, alberga sulla mia patente.
Mezzo sorriso da educanda, scriminatura centrale, camicetta bon-ton a quadretti bianchi e celesti , minuscoli orecchini di perla, i soliti orripilanti occhiali tondi con montatura dorata che erano anacronistici anche per la moda di allora. Una mostruosa crasi tra Monna Lisa e Santa Maria Goretti, parlando con rispetto di entrambe.
Durante le mie filippiche contro la suddetta immagine, che si verificano con cadenza che non accenna a rarefarsi nonostante il tempo trascorso renda plausibile una qualche forma di rassegnazione, in genere descrivo la me ivi ritratta con dovizia di particolari e il giusto disprezzo. Pur tuttavia non la mostro mai, certa che gli astanti, ogni volta diversi, non reagirebbero con un benevolo “Dai, non è così male” ma con un inevitabile “In effetti, sì, hai ragione”. Preferisco non avere conferme.
Quel che non riesco a sopportare è che quella faccia d’angelo terribilmente demodé porti il mio stesso nome e continui imperterrita ad attestare la mia identità. Quella sfacciata tardo diciottenne dal viso angelico, con l’acne sugli zigomi e il look governato da Gerolamo Savonarola in persona.
– Mettila in lavatrice e poi fattela sostituire- mi frullava nella testa il suggerimento di un amico, mentre ieri aspettavo il mio turno in fila al supermercato.
Proprio mentre ero lì al cospetto del nastro trasportatore, assorta nei miei pensieri di distruzione del permesso di guida, è stato il momento di estrarre il portafogli dalla borsa.
Ho subito realizzato che non si trovava dove avrebbe dovuto essere. Ho frugato maldestramente all’interno della fodera arancione, ma sembrava proprio mancare, il malandrino.
Col battito cardiaco debolmente accelerato ho dovuto prendere atto che non avrei potuto pagare quel che avevo infilato nel cestino nel seguente ordine: una baguette di semola macinata grande, una confezione di grissini con farina di mais e olio di oliva senza strutto, un polipo messicano decongelato di 600 grammi, una retina di limoni, due confezioni di zucchine scure, un chilo di sale rigenerante per la lavastoviglie, due confezioni da mezzo litro di latte di soia.
Ed è stato così che, per un moto involontario di insensata adesione all’ordine, ho ripercorso a ritroso il mio precedente zigzag tra i reparti, riponendo prima un latte di soia e poi l’altro, il sale della lavastoviglie, le due confezioni di zucchine in un sol gesto, i limoni, il polipo decongelato.
Quando il cestino era ormai semivuoto e giacevano sul fondo solo i grissini e la baguette, ci ho riversato il contenuto della mia borsa, per essere certa che il portafogli non giacesse nascosto in qualche inesistente meandro della mia tracolla. Non c’era. Io sudavo freddo non solo per la prossimità al banco frigo.
Ho così riposto mestamente anche grissini e baguette e mi sono diretta passo svelto verso l’uscita.
Quando ero lontana ormai diversi metri dalle sbarre antitaccheggio e viaggiavo a vele gonfie ma meste verso le porte scorrevoli dell’uscita, ecco che vengo raggiunta da un energumeno in camiciotto, cravatta e auricolare d’ordinanza che con la voce più grossa e severa che potesse contenere quel corpo quattro stagioni mi ha intimato: “Signora, apra immediatamente la borsa”. Ho quindi realizzato che il mio beau-jeste da gambero con il quale avevo riposto la mia spesa mai realizzata doveva senz’altro aver destato il pigro pomeriggio di qualche controllore con la bolla al naso davanti alle telecamere di sorveglianza.
“Ho perso il portafogli” farfuglio, ma lui non mi ascolta.
Estraggo nuovamente tutto il contenuto, realizzando nuovamente che il portafoglio proprio non c’è, non si è materializzato nel frattempo. L’uomo a doppia anta mi tratta come gradirei non essere trattata manco se fossi davvero un maldestro mariuolo, ma non c’è spazio nella mia gola per altri sentimenti che non siano la preoccupazione di essere stata appena borseggiata senza nemmeno accorgermene.
“E questa qui cos’è?” mi ringhia la creatura a battente plurimo, indicandomi una canottierina fucsia reduce dal cambio dell’armadio della mia collega.
“Eh, sa, la mia collega me l’ha portata per le mie figlie, perché non va più bene alla sua”, ma lui mica mi ascolta.
“Dov’è lo scontrino?” mi incalza.
“Non saprei, sa, deve essere stata comprata almeno tre anni fa”, provo ad abbozzare una relazione umana.
A questo punto realizzo che quest’ultima informazione deve essere stata in qualche modo ascoltata perché lui affonda il faccione in quel pezzo di tessuto fucsia alla ricerca di qualche traccia olfattiva del passato da me millantato.
Poi si gira sprezzante e mi intima “Se ne vada”.
“Buona giornata anche a lei” mi sforzo di sfoderare il mio sarcasmo sepolto sotto il rimbombo della mia preoccupazione. Che poi non sono quei quaranta euro, ma i maledetti documenti.
Chiamo in ufficio alla ricerca di qualcuno che possa controllare se il mio oggetto smarrito giaccia per caso sulla mia scrivania. Ovviamente le probabilità sono infime, non c’è ragione alcuna che lo sia.
E mentre il telefono squilla a vuoto, col cuore che percuote la carotide a ritmo almeno triplo rispetto al suono libero della linea, scopro con orrore misto a sorpresa che sto pensando con struggente attaccamento proprio a lei. Non ho nessuna intenzione di perderla, di doverne denunciare la scomparsa, di dare spazio a una nuova.
Scopro un potenziale scenario di disperazione in quello che a intervalli regolari ho segretamente sperato.
Realizzo senza riconoscere chi sono che non sono affatto pronta a separarmi da lei: la foto sulla mia patente.
Ma insomma, l’hai trovato alla fine??
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yes!
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🎉🎉
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Ho avuto sentimenti analoghi verso la foto della mia patente. Non la sopportavo! Questo finché quest’anno, allo scadere della terza decade, me l’hanno cambiata d’ufficio, obbligandomi a fare il tesserino plastificato. E così, oltre al vecchio cartoncino rosa tutto sbiadito e mezzo ciancicato, ho messo in pensione anche la foto da adolescente che non sopportavo. Ora mi ritrovo con un pezzo di plastica, con una foto più brutta ( e ti assicuro che ce ne voleva…) che non vale neanche più come documento di identità!
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dici che non c’è limite al peggio? okay okay, conservo la mia fino al prossimo rinnovo…
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ho letto tra i commneti che poi l’hai trovata la patente 😉 a me una volta mi hanno fregato il portafoglio. La patente non c’era perchè io ce l’ho ma non so guidare (shhhhh) e poi sono comunque legato a lei perchè ho 20 anni in quella foto e sonon completamente irriconoscibile in quella foto (in effetti secondo me la dovrò aggiornare). Comunqua la rogna dei documenti è stata la cosa più fastidiosa, ma anche l’aver perso le carte con i punti accreditati della Feltrinelli e di altre due librerie 😦
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eh no infatti, gran casino perdere il portafogli per carità (anche io non so guidare, lo faccio il minimo possibile 😉 )
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Chiara che ridere ma anche che ansia mi hai messo addosso. Della foto sulla patente mi avevi già parlato in tempi non sospetti. ☺ Una cosa è certa: quando dovrai rifarla non recarti alle macchinette automatiche!!!
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l’energumeno ha messo un gran ansia anche a me!
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Ho appena rifatto la patente e devo ammettere che rimpiango la fotografia dei 18 anni!!! Si potrebbe dire “per forza” … Secondo me le macchinette devono avere un contratto con i rivenditori di antidepressivi!!! Le ho rifatte ben due volte, le mie figlie mi hanno assicurato che non rispecchiavano la realtà e infine mi sono detta …”ma chi se ne importa, sono felice, mi sento bene dentro il mio aspetto, vada al diavolo la foto della macchinetta”!!!
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La mia patente, da quando me l’hanno rilasciata, non l’ho più usata. E’ nuova nuova, odora ancora di stampa, nonostante i più di quarant’anni trascorsi, ogni tanto riguardo la mia foto di venti chili fa e sospiro chiedendomi come farò mai a recuperare , almeno in parte, la scanzonata immagine che avevo in quella foto.
Mi sembra di aver capito che, alla fine, il tuo portafogli è saltato fuori, meno male!
Ciao, buona serata.
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Ahah a me è capitata una cosa simile con la tessera della coop. Avendo usato il salvatempo non mi facevano più pagare ed ho dovuto rifare tutto il giro della spesa. Anche io sono stata fermata… ma l’armadio non mi ha trattata così…!!
Sono felice che tu l’abbia ritrovata <3…a volte si rivaluta ciò che abbiamo sempre criticato solo nel momento in cui lo perdiamo!
Un abbraccio
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Caspiterina! Devo far qualcosa per mitigare il mio disprezzo verso la foto che ho sulla carta di identità e che mentre tutti avranno quella digitale, rischia di accompagnarmi fino al 2024…no, perché già spendere 22 euri e rotti per il cambio in quella digitale (che altrimenti ti fanno solo allo scadere) per ragioni del tutto vanesie non mi sembrava una cosa molto sensata, ma se poi questo odio dovesse crescere al punto da farmi arrivare in qualche modo ad un incontro del terzo tipo con un energumeno del genere mica lo so se tirerei fuori il sarcasmo, io…capace che se nella borsa malauguratamente ci si trovasse, mi orienterei di più su un ombrello!
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