Pazienza

Fino a una certa età ho creduto acriticamente di essere un tipo paziente. La prima vera presa di coscienza circa l’esistenza di un limite alla mia capacità di mantenermi neutra agli stimoli esterni l’ho avuta quando ho messo piede nel nido dell’ospedale dove avevo appena partorito Signorina A e Mademoiselle C.

Uno stuolo di cinquanta e più neonati sbraitava il loro disagio di essere stati messi al mondo senza almeno chiedere loro uno straccio di parere preventivo. D’accordo che ero una puerpera in balìa del repentino tonfo degli estrogeni sostituiti da un mix di quegli ormoni che si mettono febbrilmente in moto per prenderti cura di quelle strane creature e che dilatava nel mio cervello i messaggi di allarme lanciati da quei ranghi di cullette. Però avrei sfidato Giobbe e un esercito di certosini a mantenere la calma di fronte a uno spettacolo tanto destabilizzante. Difficile pensare di potercela fare a placare quell’armata di vagiti agguerriti,  mantenendo un certo aplomb.

Poi lentamente ho capito che riesco a manifestare segni di impazienza anche nelle piccole cose quotidiane.

Ecco un breve compedio di situazioni che minano seriamente il mio autocontrollo.

  1. Stendere la lavatrice dei vestiti delle bambine.
    Al duecentomilionesimo paio di calzini comincio ad avere delle allucinazioni uditive e mi sembra di sentire in lontananza il richiamo del demone tentatore che mi intima di gettare tutto il bucato nel cestino dell’indifferenziato.
  2. Estrarre dalla borsa l’auricolare.
    Mi sono autoinferta l’obbligo di utilizzarlo ad ogni telefonata. Tuttavia, quando lo trovo ravanando a tastoni nella borsetta, il filo dell’auricolare è sempre attorciliato in voluttuosi arzigogoli inestricabili. Non riuscendo a dirimere il diabolico intreccio prima di innervosirmi, finisco per usarlo mantenendo un gomitolo centrale e due centimetri di filo, che praticamente equivale ad appoggiare direttamente l’orecchio al telefono.
  3. Progettare il cambio dell’armadio.
    L’operazione mi trasforma in un essere intrattabile e malmostoso, tanto che tendo a rimandarla il più possibile, finendo per indossare diversi strati di magliette a maniche corte fino all’antivigilia di Natale.
  4. Riporre il bugiardino nella scatoletta dei medicinali.
    Il foglietto informativo dei farmaci è un oggetto da cui per definizione mantenersi alla larga, specie se anche solo lontanamente hai degli accenni di ipocondria. Ma il vero problema è un altro: ripegarlo e riporlo dopo la lettura nel suo alloggiamento originario. Personalmente la manovra mi fa ammattire e alla fine lo appollottolo malamente e lo infilo a forza nella scatola che, per effetto dello spanciamento subito, non si richiuderà mai più.
  5. Usare il passaverdure.
    Il flemmatico passaverdure e il fulmineo frullino a immersione sono per lo più intercambiabili nella gestione dei passati di verdure. Ci sono tuttavia situazioni in cui bisognerebbe assolutamente preferire il primo. Tipo quando devi passare le minestre di legumi, stracolme di saponine. Ovviamente io non ci penso nemmeno a tirare fuori il mefistofelico utensile a manovella che trasforma la preparazione di una portata in un’Odissea senza fine, col risultato che alla fine della frullatura la minestra ha più schiuma che se avessi preparato un consommé di detersivo Svelto.
  6. Aggiustarmi le sopracciglia.
    Il sopracciglio destro lo affronto con una certa spavalderia e destrezza. Quando arrivo al sinistro, non sopporto la scomodità dell’intervento condotto dalla mano destra sull’occhio opposto; in più, nel frattempo mi sono scoglionata. Il risultato finale è pessimo. Sono anni che aspetto con ansia la moda delle sopracciglia asimmetriche.
  7. Affrontare la coda al banco gastronomia del supermercato.
    Vale per tutte le code. Mentre sale l’impazienza, la fantasia organizzativa comincia a fervere e, mentre vengono serviti i clienti prima di me, mi dedico astutamente al resto della spesa, col risultato che il più delle volte chiamano il mio numero mentre io sto scegliendo con approccio scientifico la marca della cartaigienica dall’altra parte del supermercato.
  8. Riordinare le minuzie.
    Sono capace di non cogliere il disordine che regna in casa mia per giorni. Poi vengo investita da un’improvvisa e irrefrenabile furia riorganizzatrice, che mi porta a trascorrere ore e ore nel dividere tutti i giochi, giochini, giochetti delle bambine nelle loro rispettive sedi. Minuscole scarpine, tessere di puzzle, matite, pennarelli, gommine, forbicine, generazioni di personaggi di Peppa Pig, manciate di sorpresine Kinder. Ogni cosa, alla fine, ha il suo posto. Ed ecco che arriva una delle creature con in mano la scatola delle perline per far collane. Improvvisamente inciampa in mezzo al salotto e riversa milioni di palline che rotolando si infilano negli angoli reconditi di mezza casa.
    Come ricacciare in gola l’urlo sovrumano che in certe situazioni vorresti lanciare nell’universo?

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