Passeggiare per i cimiteri in un’insolitamente assolata domenica di inizio novembre è riempirsi gli occhi dei colori dei fiori sulle tombe e di una forma strana di gratitudine. Una roba che magari ha a che fare con la caducità della vita o forse più semplicemente con l’assenza della proverbiale nebbia stagionale.
Per dire, ti può capitare di incontrare api che bottinano i recisi nei vasi, in un tripudio di giusta indifferenza della natura nei confronti dei nostri riti. Quell’indifferenza un po’ stronza, che alla fine mette allegria, uno sfregio alla nostra tristezza. Voi ricordate pure i vostri morti, che noi intanto facciamo scorte per l’inverno.
Tra il saluto a un conoscente semovente e uno impegnato nel sonno eterno, mi accorgo che la mia fantasia brulica di storie in sottofondo. Storie di vita all’interno del cimitero, storie che a noi di qui non è dato di sapere. Le storie che si intravedono sulle lapidi. Pochi sono gli elementi a disposizione: una foto (nella maggior parte dei casi veramente mal scelta, con espressioni di disagio da fototessera o sfondi fotoscioppati maldestramente), un’età da calcolare a mente, magari una dedica stringata. Qualcuno ci butta dentro più fantasia, con gagliardetti sportivi, babàci, foto selvagge fuori dalle cornici e dalle espressioni canonicamente funeree, gadget di varia natura, disegni.
E allora comincio a ricamare merletti di quotidianità nascosta.
I coniugi appaiati in mezzo a un muro di estranei sono due innamorati abbracciati stretti in una folla di silenziosi sconosciuti.
Gli estranei stessi, capitati lì non per scelta ma per la disponibilità immobiliare del momento, sono dei vicini di casa, condomini che dividono lo stesso lotto. E a seconda dell’espressione della foto, saranno più rognosi o più pacifici, più o meno disposti ad accettare le intemperanze provenienti dal loculo adiacente. Intravedo anche qualche invidia dovuta alle composizioni floreali più sfarzose. Ci sono le cappelle familiari, dove si perpetuano faide mai sopite e i cognati diventano eternamente dirimpettai guardandosi in cagnesco dalle rispettive cornici.
Qualcuno guarda attonito un mondo che non ha conosciuto, dà di gomito alla vicina di piccionaia, lassù dai cassettini dell’ottocento, mentre passiamo coi risvoltini alle caviglie.
La maggior parte sorride, è una giornata di sole, c’è di che essere grati.
Noi abbiamo decisi di non andare più durante i giorni dei santi e morti al cimitero.. e poi noi non abbiamo bisogno un giorno per pensare ai nostri cari… evito anche a mettere le crisantemi 😉
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sai che invece a me piace (specie se c’è il sole)? Mi sembra quasi una festa!
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non ho mai pensato a questo modo… ma e vero con tutti fiori gialli e poi il sole sembra un festa solare
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Sai che sono oltre vent’anni che non vado al cimitero?… E purtroppo per ragioni di forza maggiore prima o poi ci finirò (e sti cazzi), ma ci dovrò andare per altri. Ma conoscendomi ci andrò solo il giorno della tumulazione di chi sarà, perchè in fondo alcune cose preferisco portarle con me, che pensare che siano sepolte lì. Scusa il pensiero un po’ macabro…. forse non del tutto in linea con il tuo stile.
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