Quando sei piccolo hai una vaga idea di come si facciano i bambini, non è che ti interessi poi veramente. La questione occupa quella parte della tua curiosità orientata a farsi un’idea circa da dove diavolo sei spuntato fuori. Ovviamente non ti occupi degli altri bambini, men che meno di bambini futuri. Ti hanno raccontato che c’è un tempo in cui i bambini abitano i pensieri dei futuri genitori e la cosa riguarda il tuo passato di pensiero e non certo il tuo futuro di pensatore.
Ad un certo punto ti raccontano come funziona il passaggio da pensiero a cellula. I racconti diventano vagamente allarmistici quando il tuo corpo si arma degli strumenti necessari a fabbricarli, i bambini. C’è quel mostruoso momento della crescita in cui si è bambini tecnicamente capaci di produrre altri bambini. Un tempo in cui fioriscono sulla terra acerba della nostra scarsa consapevolezza miti di varia natura circa le modalità di riproduzione proprie della nostra specie. Miti per lo più inespressi o che qualche anonimo coraggioso osa scrivere – almeno ai tempi miei- a giornali di categoria, indirizzandoli a redazioni di dubbia esperienza. “Baciandosi con la lingua si può rimanere incinta?” poteva leggere la me tredicenne in quell’unico numero di Cioè che mi veniva acquistato in corrispondenza di un’influenza stagionale. Quella paura bambina, quell’inconsapevolezza acerba faceva sembrare l’avere bambini la cosa tecnicamente più possibile del mondo.
Quando cresci, cresce con te la consapevolezza che fare bambini non sia un atto completamente avvolto nel mistero e nella casualità. Puoi volerlo o non volerlo.
E, siccome sai di possedere gli strumenti per riuscire in entrambe le imprese, ti sembra facile. L’altra cosa che succede è che improvvisamente spuntano -come funghi all’ombra delle nostre sinapsi- il pensiero dei bambini futuri. C’è chi li culla, magari senza nemmeno accorgersene veramente. C’è chi non li vede, come distratto cercatore di porcini. Ci son anche terreni emotivi, altrettanto ricchi e fertili, dove non c’è nemmeno la minima ombra di questo genere di pensieri.
Poi cresci ancora un po’ e ti tocca capire che dare carne, ossa e anima a quel pensiero che hai cullato non è affatto cosa semplice. Ci va un amore, se possibile. Serve un lavoro, almeno piccolo, almeno un po’. Occorre della buona biologia e se questa si mette di traverso bisogna mettere in campo un surplus di coraggio. C’è necessità di tempo. Di pazienza. Di un cono d’ombra dove rifugiarsi per farsi di lato, per creare lo spazio necessario.
Un pensiero che diventa una persona è un viaggio. Un viaggio lungo una vita, per me tutta quella che ho trascorso finora, per esempio. Un viaggio verso un traguardo che è un dono. Un traguardo che sarebbe bello essere alla portata di tutti i tipi di viaggiatore.
Questa foto, meravigliosa a mio avviso, si intitola “Aspetto un figlio” e fa parte del progetto Officina calza lunghe di Elisa e Susanita, che trovate qui https://www.facebook.com/officinacalzelunghe/)
“Un viaggio verso un traguardo che è un dono. Un traguardo che sarebbe bello essere alla portata di tutti i tipi di viaggiatore.”
Questo è un post bellissimo, tutto intero, non solo la chiusura, un post pieno di amore, di riflessione ma anche di quel tanto di ironia e leggerezza che rende le cose serie non meno serie, ma in qualche modo addolcite.
Bello bello. 🙂
Un saluto
Alexandra
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che lettrice generosa, grazie Alexandra, un abbraccio!
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Mi piace il tuo stile, che te devo di’? 😀
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Io mi affianco al Viandante. Bellissimo post e poi…Cioè! mamma che reminiscenza, quelle domande me le ricordo pure io!
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eheheheh 😀
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Molto, molto bello!
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grazie Romolo 🙂
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Emozionante. Come sempre… Mi hai fatto venire in mente che una volta ho pensato di essere rimasta incinta per aver baciato mio fratello. … Che incubo!
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oh santo cielo! che esperienzaccia…
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Bello davvero, un tema importante, che hai trattato con dolcezza e leggerezza, e quel pizzico di ironia che ti contraddistingue sempre!
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Mrs, parlandone tra noi che abbiamo questo hobby comune, temo sempre di cadere nello stucchevole e uso l’ironia come possibile antidoto (ma non sempre riesco a trovare l’equilibrio; è comunque un utile esercizio)
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Non trovo mai stucchevoli i tuoi post, in ogni caso sto cercando di risolvere “la questione”, perché capisco cioè che scrivi, facendomi guidare dal sentimento …se c’è il cuore viene fuori e se qualcuno lo trova stucchevole pazienza 😉 l’ironia è in ogni caso sempre un ingrediente gradito!!! Brava, brava!
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brava altrettanto 😉
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Il cioè…che ricordi… Ora non esisterà più, ma le domande delle adolescenti riguardo i rapporti con i maschietti mi sembrano rimaste le stesse…no? Alcune cose non cambiano, ci hai pensato tu a quando dovrai/potrai parlare con i tuoi figli delle api e dei fiori? Io tremerei, al tuo posto…
Io della biologia che si mette di traverso ne conosco tutti i rivolti e i trucchi più biechi, grazie di parlarne qui. D’altronde la vita ci mette alla prova, in un modo o nell’altro, se non fosse questo, sarebbe un altro problema, dunque prendo ciò che c’è e cerco di vivere bene anche con l’assenza, il vuoto che grida, come dice bene la mia amica Raffaella nel post che ha scritto per me questa settimana.
Ti abbraccio!
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la mia tattica è stata quella di cominciare da piccole con concetti piccoli, alla loro portata (con le grandi non ho potuto fare diversamente, ad un certo punto m’ cresciuto un pancione sospetto…); pian pianino si aggiungeranno nuovi elementi, seguendo lo sviluppo naturale della loro curiosità 🙂
Grazie di essere passata qui, Carmen, un mega-abbraccio a te!
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Che mamma moderna che sei… Ma di come si rimane incinta, di che cos’è il sesso gliene parlerai? Immagino sia prestissimo ancora… Scusa se ti metto queste pulci nell’orecchio. 😉
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diamo tempo al tempo…:-)
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