Ode al passato remoto

Passato remoto, tu fosti io fui
noi fummo, voi foste, fu anche un po’ lui

Ebbi un cappellino arancio e un po’ blu
uso il passato remoto, è una vita che non ce l’ho più

Bambina contrassi una pruriginosa varicella
Nessun’ altra volta la rividi, solo solo quella

Andai, tornai, ripartii e mi fermai
il passato remoto dipinge i viavai

So di un mulo che un giorno volò via
Mi parve di scorgerlo da camera mia

Dicono che in un momento il dodo sparì
non s’è visto più in giro a partire da lì

Il passato bisogna lasciarlo navigar via
è remoto, staccato, finito, andato, parola mia

Come fu, come non fu proprio non lo so
ma il passato remoto da me si allontanò

Ora so che ho fatto a lungo a meno di lui
Ma sicuro da oggi mi ubriacherò di ebbi e di fui

Risultati immagini per barca che si allontana

 

 

16 pensieri su “Ode al passato remoto

          1. “Domani andrò in quel posto”…”Dumani avissi a gghiri…”, non solo l’uso del verbo dovere (per di più all’inglese…l’equivalente del to have to) ma anche al condizionale perché il futuro non è solo un peso ma è anche incerto…vabbè…mi sa che potrei cogliere ispirazione dalla tua poesia e produrmi in una risposta siciliana tutta basta sul futuro…chissà.

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        1. Come disse anche Sciascia in una intervista… del resto, in realtà, anche in italiano il futuro non è proprio futuro. Nasce da una perifrasi con “avere”, nel senso anche in questo caso, di dovere: amare habeo > amare ho > amar ho > amerò. La differenza è che come italiani abbiamo fuso la formula in una parola sola, forse per dimenticarci quell’incertezza di fondo che ci inquieta…

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  1. Io l’ho detto però che dovevi metterti la maglietta (non)prof a quella presentazione …. qui c’è un’ode che tanti dovrebbero leggere. Però aspetto una sul futuro, che è quello che ci spaventa, ma dovremmo saper accogliere 😉

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