Caro Piccolo Principe,
difficilmente avrei pensato di scriverti, perché difficilmente avrei preso seriamente in considerazione l’eventualità di diventare quello che alla fine sono: un adulto, una di quelle “grandes personnes” dalle quali hai tentato in ogni modo di prendere le distanze.
E io, a lungo, con te.
Ora che sono grande – anche se sono certa di conservare dentro di me qualche frammento della mia voce bambina e di darle un grande ascolto- devo farti sapere alcune cose. Sì, proprio a te che per lunghissimi giorni ho considerato il più poetico tra i filosofi (a diciassette anni è concesso). A te che alla fine non sei mai diventato grande perché ti sei affidato al veleno di un serpente per sfuggire alle amarezze della maturità.
Okay, tocca dirtelo, su molte cose avevi ragione tu. Uno dei sensi della vita, che almeno finora mi sembra il più prezioso, è la cura, la singolarità di ogni incontro, l’unicità preziosa delle relazioni. Però, lasciati dire anche questo: di rose, nella vita potresti incontrarne anche più di una, ognuna con il suo valore. E che al mondo esistono migliaia di altre specie vegetali, anche più selvagge e meno stizzose.
Sarà pur vero che i tuoi capelli sono biondi come il grano (visto che conosci altre specie vegetali oltre alla rosa? Dai su!), ma anche come il riso (l’hai mai visto un campo di riso maturo?). Oppure come il sole in un terso mezzogiorno invernale. Oppure come un blocchetto di post-it. O come le foglie autunnali della magnolia. O come un taxi a New-York. O il manto di una leonessa. O la pelle degli omini Lego. Insomma, la vita va avanti, anche le immagini possono cambiare.
Quanto a noi adulti, avevi ragione su quasi tutto: sappiamo essere egoisti, vanagloriosi come un vecchio re solitario, affannati come lampionai, vanitosi e dediti a vizi e distrazioni per non vedere le nostre contraddizioni, limitati come geografi a una scrivania, ottusi come chi si illude di possedere le stelle, stupidamente di fretta come consumatori di pastiglie contro la sete, privi di fantasia come chi scambia per un cappello un elefante fagocitato da un boa. Oh, io, da adulta, sono un pezzetto di tutto questo. E aveva ragione anche il serpente, quello del deserto non il boa ghiotto di elefanti, quello che diceva che si è soli anche fra gli uomini. In particolare, qualcuno tra noi grandi è straordinariamente capace di lasciare soli altri uomini, in luoghi deserti. Come il mare.
Tuttavia, su una cosa in particolare, tocca dirti che sbagliavi: i numeri. Come quella storia dell’asteroide B 612, quell’aneddoto secondo cui noi grandi prendiamo sul serio i fatti che possono essere tradotti in numeri. Dovresti seriamente ripensare la tua opinione su questo: anche la poesia è fatta di numeri, i legami tra le persone, i fatti del mondo e quelli dell’universo. Molto di quel che siamo e vediamo e viviamo o semplicemente intuiamo è spiegabile da dei numeri. Non sono solo faccende da persone noiose, sono la base inequivocabile su cui basare discussioni e decisioni. Spero, un giorno, tu possa rispondermi, per dirmi che hai riconsiderato seriamente la questione. Gioverebbe molto alle nuove generazioni sapere che i numeri valgono più delle opinioni.
Intendiamoci, non sono cambiata al punto da pensare che il metodo scientifico sia sufficiente a conoscere tutti i fatti della vita. Gli spazi indefiniti dell’anima, il mistero dei sentimenti, quelli continuo a conoscerli per altre vie.
Quanto ai baobab, loro non sono seriamente cattivi. Anzi, loro tolgono anidride carbonica dall’atmosfera. Il sentimento dell’urgenza che tu hai dedicato a loro, lo sposterei verso chi dice, senza curarsi dei numeri, che il riscaldamento del pianeta non è una faccenda seria. So che capirai la mia preoccupazione.
Un’ultima cosa. Non potevi prevederlo, ma ti conoscono praticamente tutti e, oramai, quelli che se ne intendono di letteratura ti snobbano abbastanza. Io stessa, che spesso mi vanto di leggere molti libri ma dentro di me so che non sono abbastanza, un pochino qualche volta lo faccio. Avrai capito che noi grandi siamo fatti così, non perdoniamo facilmente il successo degli altri.
Ti saluto e ti abbraccio con affetto tutto sommato immutato, dalla bambina che sono stata al bambino che non hai smesso di essere.
no, ma veramente alla fine lui muore ???
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Alessandra, devo dire che un serpente velenoso che ti punge per riportarti tra le stelle m’è sempre sembrata una gran metafora della morte, ma magari è una mia libera interpretazione, eh
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Sì, è difficile perdonare il successo degli altri…
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Tanto!
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Buongiorno e grazie per questo bell’articolo.
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90 minuti di applausi!
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