Ieri è stato celebrato il Giorno della Memoria.
Sono trascorsi 74 anni dal giorno in cui le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia.
Con le bambine abbiamo onorato questo ricordo guardando il cartone animato che racconta la storia delle sorelle Tatiana e Andra Bucci, che hanno trascorso circa un anno ad Auschwitz, quando erano bambine di 4 e 6 anni. La storia di chi è uscito vivo da quell’esperienza è preziosa non solo per se stessa, ma perché getta luce sulle esistenze che invece là si sono fermate. Voglio dire che non abbiamo perso tutto dentro alle baracche, alle docce, ai forni. Qualcosa si è salvato insieme ai sopravvissuti e su questo è stata ricostruita la storia degli anni seguenti e anche la nostra. I nostri stessi giorni poggiano su quel che è restato dell’umanità (poco, a dire il vero) dopo quei fatti. Quanta dolorosa bellezza ho trovato nelle parole delle due sorelle quando hanno raccontato del loro cugino Sergio, orribilmente usato in esperimenti nazisti e mai tornato. Un pezzettino della vita piccola di Sergio ora è passato nelle nostre mani, che ne abbiamo sentito la storia.
Mademoiselle C, dopo la visione del cartone e delle lacrime che non riuscivano a fermarsi, mi ha chiesto se le cose che hanno provocato tanto dolore non valga la pena di dimenticarle. Per salvarsi.
Mademoiselle C ha capito la fatica del ricordare e con lei il coraggio delle due sorelle Bucci e di tutti quelli che, a proprie spese, hanno continuato a rinnovare il proprio dolore in nome della memoria. Ricordare è vitale, ho cercato di spiegarlo a Mademoiselle C, anche se ci fa male saperci parte di un’umanità tanto crudele o indifferente.
Oggi, per fortuna, tanti di noi aderiscono ancora a questo esercizio, che, come tale, è giusto continuare a fare per rimanere allenati. Ed è ancora più importante ricordare il giorno dopo e più ancora in futuro, quando il tempo ci toglierà i testimoni diretti, continuare ad essere allenati a tenere viva nella mente, ma soprattutto in quegli altri organi deputati all’empatia, l’oscenità dell’Olocausto. E del genocidio armeno, delle foibe, del genocidio in Ruanda, del massacro di Srebrenica, della Siria ancora oggi. E della Libia. E di tutti gli altri che colpevolmente ignoro. Quello che questi fatti hanno in comune, oltre al reato di genocidio, è che, come tutto quello che ci riguarda, contengono la storia di persone singole. Di uomini, di donne, di bambini e bambine, di anziani e anziane. Storie ricche di cose belle e di ombre, come la mia. Ed è di questo che come persona sono responsabile. Delle vite perdute allora, di quelle che, tenendo allenata la memoria, possiamo preservare oggi.
(Illustrazione di Giulia Neri
https://www.giulianeri.it/works/donna-che-stende-nuvole https://www.instagram.com/julandthefox/?hl=it)
Sei proprio una brava mamma Chiara, oltre che a una cittadina modello.
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come tutti faccio quel che posso (neanche troppo bene, per la verità, eh)
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Ho trascorso 10 anni in un orfanotrofio di suore nel quale ho studiato e poi mi sono diplomata. Mai sentito da loro una parola su quanto successo nell’ultima guerra. Poi ho passato 10 anni a leggere tutto ciò che trovavo nelle biblioteche su quanto accaduto agli Ebrei e a altri popoli, come gli Armeni, cose delle quali nulla sapevo. In quegli anni non se ne parlava. Quello che oggi mi meraviglia è che ci sia ancora gente che vuole negare questa evidenza di mostruosità compiuta da essere umani su altri esseri umani e da cui, pare, non abbiamo imparato nulla, visto che ci sono ancora popoli che commettono queste oscenità su altri popoli e che ciò venga fatto in nome di una religione o di una ragione di stato è ancora peggio.
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è proprio per questo che ricordare è davvero necessario
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Vero.
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