Presenze

Che belle le persone – non tanto di “bella presenza” ma proprio “di presenza”. Quelli che ci sono, sono presenti a se stessi, ma soprattutto presenti agli altri.

Mi piacciono soprattutto perché io non ci riesco mica. Mi lascio trascinare nella nostalgia del passato, dal mistero del futuro che riesce sempre a spaventarmi un po’, o a tratti mi abbandono nel gorgo di un presente digitale che di reale ha qualcosina ma comunque è troppo poco.

Che meraviglia gli insegnanti che, quando accompagnano i loro bambini in attività esterne, stanno accanto a loro mentre imparano, senza distrarsi, senza lasciarli.

Che bellezza quei genitori che osservano i cambiamenti dei loro figli con apertura e discrezione, ritagliandosi un ruolo secondario ma essenziale, quello di esserci sì, ma nelle operose retrovie.

Che ammirazione quei lavoratori che accolgono le richieste con curiosità e servizio, che vedono la possibilità di essere utili e imparare anche in compiti inattesi e pallosi.

Che grandi quelli che guardano i tuoi lati illuminati senza cercare di spiare dietro. Non perché non vogliano sporcarsi dei lati oscuri, ma perché sanno aspettare il momento in cui il naturale moto di rotazione delle nostre vite le farà riemergere. Quelli che sanno cos’è il pudore.

Che incanto quelli che sanno fare il cambio dell’armadio col giusto distacco, senza invidiare il passato che scivolava senza fatica in una taglia quaranta, senza piagnucolare su una vecchia felpa delle bambine alla scuola dell’infanzia.

Che fighi inarrivabili quelli che un senso al presente ce lo trovano in ogni istante.

Che belli quelli che si raccontano la vita con invariato ottimismo, anche nella tristezza, nella mancanza, nella malattia. Che non te le dicono, le loro cose, per impartirti una lezione, ma per trasfonderti un po’ della loro ostinata allegria. Che ti strappano una risata, perché sanno che è così che ci si disinfetta.

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