Quando ero bambina, intorno al 25 Aprile le mie maestre Mirella e Caterina ci portavano in diversi luoghi della città, dove, insieme ad altri coetanei e alla presenza del sindaco, intonavamo i canti della Resistenza.
Oggi i bambini a scuola non cantano più Bella Ciao. O Festa d’Aprile. O Oltre il ponte.
Mi sono stupita, quindi, di partecipare senza saperlo prima, ad una piccola cerimonia di commemorazione dei caduti nella lotta di liberazione, qualche domenica fa, il 25 aprile, nel piccolo paese dei nonni di mio marito. Sin dall’inizio della messa nella piccola chiesa in piazza, il sacerdote (che, anziano anagraficamente, si è rivelato incredibilmente sul pezzo come mentalità, quando sparigliava il rituale infilando puntali “…e sorelle” in coda ai classici “fratelli” disseminati nel messale) ha dedicato l’intera funzione al ricordo dei caduti. Pregare per loro mi è sembrato un segno di gratitudine umana. Ma il momento più commovente è stato quando un giovanissimo assessore col cappello degli alpini ha scandito i nomi dei caduti, leggendoli sul monumento, e noi abbiamo risposto dopo ogni nome la parola “Presente”. Mi è sembrato di tenere la mano a qualcuno a cui dire grazie, con quel participio – presente!- che non riesco mai ad afferrare.
È un momento di grande confusione, per me come per molti altri, adulti, bambini, anziani, altre persone. Tengo botta, certo, ma non è vero che chi non piange il proprio disagio non lo provi. Come durante il travaglio: se non ti lamenti, il dolore, per qualcuno è segno che non è al culmine, ci va ancora tempo. E invece, magari, la testolina è già lì che esce, anche se il dolore è nascosto dentro al pudore. Niente di serio, quando i tempi saranno maturi renderò conto del cambiamento che sto vivendo. Avrò piacere di raccontare questo anno di passaggio, quando si sarà chiuso. Per ora mi guardo attorno, ascolto i disagi di chi desidera affidarmeli, cerco senza riuscirci di svolgere piccole funzioni di servizio per gli altri. Ma mi perdo, sbaglio, parlo troppo, parlo male, sono negativa come non mai. Ma scopro forze laddove non sapevo di averne, e insieme scopro nuovi difetti, e poi ancora la capacità di accettare di fare male qualcosa.
In piazza, in piedi, sotto il sole e con le lacrime agli occhi, pronuncio il “Presente” della libertà, sperando di onorare queste due parole che continuano a sembrarmi bellissime, che non smettono di dare senso alla confusione dei giorni. Voglio un pensiero superficiale che mi renda la pelle splendida. Metti un po’ di musica leggera perché ho voglia di niente. Sto bene, stiamo bene, presto la confusione si dissiperà. E all’improvvisa – l’estate- eccola qua.
Che bello Chiara, molto emozionante
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grazie mille, Romolo!
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Credimi, mi hai commosso.
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ti ringrazio Neda!
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