Indossare la 10

in seguito alla scomparsa improvvisa di un caro collega, quest’anno ho prestato servizio svolgendo uno dei suoi corsi

diciamolo: la materia era per me abbastanza ostica da insegnare e ho dovuto prepararmi molto e sopportare per mesi le urla dell’impostore che ospito nel cervello

insegnare mi piace, anche troppo, anche al punto da volerlo fare al 100%, ma insegnare una materia per me ostica dopo un gigante come il caro collega mi ha messo in, non dico grave, non dico seria, ma comunque in difficoltà

diamo un nome al caro collega scomparso, perché è necessario alla narrazione: chiamiamolo Diego Armando Maradona, per comprenderne la caratura professionale

ho indossato la dieci dopo Dieguito perché non c’erano altri fantasisti in organico e il calcio mercato a quel punto era già chiuso, ecco come mi sono sentita

ma ho giocato tutti i novanta minuti con dedizione e anche diligentemente, facendo il mio al massimo di quello che la mia classe calcistica permetteva [ovviamente mi sono affezionata agli studenti che hanno seguito il corso, anche parecchio, ma questa è la mia solita storia]

poi sono arrivati gli appelli d’esame; al primo appello – dove statisticamente (la parola narrativamente ha un suo peso, ma solo per chi la sa cogliere) arrivano i più bravi- mi accorgo di non riuscire a dare nessun trenta. Nessuno presenta i tratti della preparazione perfetta, misto di piena comprensione, ragionamento, acquisizione delle capacità di analisi e di lessico. Mi rammarico tra me e me, poi ne parlo anche apertamente: non sono riuscita a dare a questi ragazzi la piena comprensione della materia, a spingerli ad interiorizzarne i meccanismi al punto da essere capaci di rispondere alle mie domande livello-pro, quelle di ragionamento

arrivo fino a degli onesti 29; spiego loro le ragioni di quella valutazione, mi dico con amarezza di non essere Diego e che la squadra tutta, anche i miei compagni di squadra (così arrivo ad immaginare i miei studenti nella mia delirante metafora calcistica) siano stati coinvolti da questa mia attitudine sicuramente molto buona, ma naturalmente inferiore all’eccellenza

arriva il secondo appello; alla correzione dello scritto, scopro che c’è uno studente che non ha fatto errori; non lo ricordo a lezione, mi dico che deve essere tra quelli che hanno seguito le videolezioni in differita, sono circa una quarantina, forse mi aveva anche scritto per qualche delucidazione ma non riesco a metterlo a fuoco esattamente; all’orale risponde brillantemente alle mie domande, quando gli annuncio un trionfale (suo e mio, sono sempre in preda al delirio) trenta, lui mi chiede con timida fermezza una domanda per la lode. Lode acquisita, con in circolo una certa ebrezza professionale (sarà pure uno su settanta, ma uno c’è!), gli chiedo come si sia trovato con la fruizione delle mie videolezioni in differita.

“Ah, no, beh, io ho seguito il corso l’anno scorso col prof. Maradona”

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