qualche volta vorrei sospendere i miei imperterriti e ostinati pensieri
farli tacere, soprattutto quando si danno quell’aria pomposa da tipi seri
vorrei dire loro, secca: “tacete ogni tanto, diavolo di parole,
è mai possibile che non siate capaci di stare cinque minuti da sole?
uscite, andate a prendervi un gelato, non sentite anche voi questa bella aria di primavera?
fatevi una vita, non statemi addosso come se fossimo sempre ai lenti in una balera”.
ecco sì, vorrei proprio dirgliene quattro a quei pesantoni
e ogni tanto mandarli fuori a calcioni
e ritagliarmi la vita del gatto,
domestico e pigro, o libero e selvatico
che vive senza cercare il senso, ma trovandolo, così, come se gli fosse automatico
che conosce l’essenziale
e sa stare al mondo con ascesi filosofale
o magari trascorrere qualche ora da fiore di ciliegio o di pesco
stretta in un mazzetto di meravigliosi compagni in sontuoso abito cinquecentesco
che si lasciano attraversare dal tempo con una precisa ignoranza della loro destinazione futura
mossi da una graziosa fiducia nelle regola della natura
e quando torneranno a casa, quei pensieri dopo la loro ora d’aria
ritroveranno me, loro casa affidataria,
con una piccola e leggera allegria e di loro potrò dire altrettanto
come di chi la vita la vive e non la pensa soltanto