Guardo fuori

Voglio inaugurare una nuova fase, che forse durerà un attimo, forse qualche settimana, forse il tempo di un post, boh, chissà, nella quale riprendere a tenere un diario di vita esteriore, per appoggiare lo sguardo al mondo, dopo che mi sa che l’ho tenuto rivolto verso dentro, finendo per inceppare il motorino di avviamento e non riuscire che a tossicchiare nel mondo, invece che sfrecciarci attraverso.

Riprendo a guardare fuori, riemergo dagli abissi dell’introspezione, dove sono sprofondata senza troppa consapevolezza a ripararmi forse dalla paura che mi ha fatto a un certo punto il mondo; ma la paura là mi ha seguita e mi si è seduta accanto. Ciao paura, sei utile, evolutivamente necessaria, però hai rotto i coglioni (questo è un omaggio per mia cugina, so che apprezzerà). Io esco a prendermi una golata di ossigeno e particolato fine, non ci credo che il mio problema sono i quarant’anni, come una parte di me dal 2020 sembra suggerirmi nella testa. Poi ho capito: è stata una concomitanza di eventi. Ho compiuto 40 anni nella fase in cui il Covid-19 cominciava timidamente a moltiplicare il suo RNA nell’operosa provincia cinese e da lì mi sono convinta che uno dei tanti cliché anagrafici della modernità avesse delle serie fondamenta. E invece era solo una pandemia, tzè. Non ero io, era il mondo, al collasso. Questo mi consegna un superficiale sollievo che mi rende una persona orribile, sì, ma più leggera. A stare in superficie dobbiamo essere leggeri, come quegli insetti che camminano sulla superficie dei laghetti con le stesse proporzioni corporee della giraffa, probabilmente senza nemmeno saper nuotare. Fa venire in mente il verbo planare, che impregna la lezione americana della leggerezza di Calvino e anche una meno conosciuta ma davvero bella poesia di Baudelaire, e fa anche venire in mente gli atterraggi di fortuna di Murdock dell’A-Team. Insomma, tutti i miei riferimenti culturali ci sono.

Oggi fuori ho visto un cielo plumbeo e piagnucoloso, bucherellato dai sorrisi delle mamme di scuola fuori dal cancello di Miss T, dalle maestre nell’ennesimo ma forse speriamo tra gli ultimi colloquio online, dalla telefonata di un ex-collega per un appuntamento a visitare lombrichi, della visita a casa della mamma di una cara amica e sarta che non vedevo da tantissimo tempo, da un caffè in compagnia, dalla ricerca del numero 36 delle Chuck Taylor alte nere che si è convinta di desiderare fortissimo Mademoiselle C (io ce le avevo da pre-adolescente come lei e puzzavano tantissimo, però lo imparerà a suo spese, non sarò io a rompere la poesia di questo desiderio). I fiori del nostro ciliegio da bianchi si stanno facendo rosa e i rami hanno tirato fuori anche le foglie e ora daje di fotosintesi. Io e Signorina A abbiamo fatto acquisti online dopo un’inutile ricerca di abbigliamento per questa fase anfibia tra l’infanzia e l’adolescenza. Vestiti decenti per dodicenni non pervenuti, se non, appunto, online. Nocciolina è stata per quasi 20 ore a poltrire nel mio letto, poi ha deciso che basta ed è scesa a poltrire in cortile. Oggi i miei capelli biondo chiaro ramato mi sembrano persino tollerabili, specie se riesco a nascondere la zona delle tempie (la mia area Crudelia Demon), di chiara nuance biscardiana/felicecaccamiana. Niente male, là fuori.

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