Shangai

Sono di nuovo in una di quelle fasi in cui è impossibile cucire insieme fatti e pensieri, ma nella testa questi fatti e questi pensieri si affollano, accostandosi spesso l’uno all’altro in ordini insoliti, ma che mi illudo abbiano qualche significato che, prima o poi, chissà quando, mi sarà chiaro.

Intanto li annoto.

Qualche giorno fa, E, nove anni di genio e scompostezza scolastica, durante l’ora di religione mi ha regalato un interessante riflessione. La classe aveva come consegna quella di copiare dalla lavagna un disegno che rappresentava a sinistra il Golgota, con croce, fulmini e pioggia, e sulla destra la risurrezione, con Gesù volante e sorridente. Lui ne ha fatta una versione punk e astratta, in cui non era praticamente identificabile nessuno degli elementi richiesti. Quando gli ho chiesto, sommessamente come richiesto dal mio ruolo di insegnante di sostegno, cosa avesse disegnato, lui mi ha indicato tutti gli elementi che vedeva presenti: Gesù risorto era una specie di nuvola rosa senza tratti anatomici umani riconoscibili, la crocifissione era un incastro post-futurista di croci e fulmini. Poi, a mia richiesta blandamente idiota (lo riconosco): “e il sole, dov’è?”, lui mi ha risposto: “E no, il sole non lo metto. Io non credo a questa cosa. Il sole è per quelli che sono felici della risurrezione, io invece non ci credo e il sole non ce lo metto”.
Non fossi rimasta senza parole di fronte alla profondità dell’osservazione, gli avrei detto, a ripensarci ora, qualcosa di questo genere: eh, no, caro E, ci sono splendenti esempi nella letteratura e nel cinema dell’esatto contrario; vedi, E, quando sei infelice, è più crudele una giornata di sole che un cielo di pioggia, perché non solo ti senti infelice, ma ti senti pure solo. Se piove quando sei infelice, è come se qualcosa intorno a te suonasse le tue stesse tristi note, e quel qualcosa, anche se privo di allegria, ti fa sentire parte di un tutto, che un po’ ti consola. Insomma, grazie pioggia di questi giorni così surreali.

Da ieri sono tornata in una classe nella quale avevo già fatto una decina di giorni di supplenza prima di Natale. Non so per effetto di quale combinazione tra impegno e fortuna, ricordo tutti i nomi dei bambini e anche alcuni altri dettagli che li riguardano. Oggi, V, otto anni di ruvido silenzio, mi è venuto vicino e mi ha detto, guardandomi dritta negli occhi: “Ma tu perché mi conosci così bene?”.

Stasera, camminando sotto la pioggia, mi sono detta che forse io sono uno di quei tipi che vanno forte quando le aspettative sono basse, quando qualcuno tutto sommato non si aspetta granché da me. Invece, il peggio di me lo do, soprattutto ultimamente, quando qualcuno si immagina quello che dovrei o non dovrei essere o fare. Lì vado male forte. E siccome avevo appena sentito un’esperta parlare di adolescenti e della pressione delle aspettative, ho concluso due cose: che forse dovrei porre fine alla mia adolescenza una volta per tutte, ma che, soprattutto, devo riconoscere ed estirpare con decisione le aspettative inconsce che sicuramente riverso sulle mie legittime pre-adolescenti di casa. La terza cosa che ho capito è che non devo più andare a sentire gente che parla di come uno dovrebbe essere per essere migliore, perché tendo ad arrabbiarmi e a uscire peggio frustrata che mai, perché riconosco che sono lontana da come dovrei essere (dovrei? Ma chi lo dice? Ecco che mi arrabbio. Però, dai, perché non sono invece più in quest’altra maniera, in cui invece, proprio non c’è verso che? Ecco la frustrazione). E c’è anche una quarta cosa: quando mi arrabbio e anche da lì che mi si innescano pensieri buoni, che poi forse mi servono. La quinta cosa è che sono mesi, anni, forse tutta la vita, che dico troppe volte: io.

Non c’entra niente, ma invece sì che c’entra . In tutti questi pensieri che si affastellano e prendono posizioni misteriose come una pila scomposta di Shangai, c’è anche tutta l’energia contenuta dentro al nuovo sito che sto contribuendo a scrivere e nel quale c’è molto moltissimo altro, ma c’è anche tanto di me, presente e futuro. A chi mi chiede, quando mi incontra in giro, cosa dovrebbe fare con questo (anche mio) nuovo sito, dico: leggerlo, condividerlo: https://perliberisentieri.wordpress.com/

Io i bastoncini li vedo ancora tutti accatastati in maniera confusa, non mi azzardo a muoverli, per ora li guardo e basta.

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...