Foglie di gingko

Dico spesso che non credo al destino, ma in quel che ciascuno di noi può fare con i casi della vita.
Tuttavia, ogni tanto, qui e là nella mia vita, sono arrivati degli avvenimenti strani, come questo e quest’altro, coincidenze che hanno fatto vacillare questa mia certezza (che comunque continuo a coltivare meticolosamente. Insomma: forse esistono forze a noi sconosciute che ogni tanto ci si manifestano, ma rimane vero che noi siamo i principali protagonisti e artefici delle nostre esistenze).
Ho appena vissuto un altro di quegli attimi strani lì.
Un po’ di giorni fa, che mi sembrano anni, sono entrata in un piccolo negozio che conosco per via del fatto che esiste all’entrata un vaso di vetro grande colmo di biglietti da visita sul cui retro sono disegnati dei tarocchi. La padrona del negozio, prima di uscire, invita chi è entrata a prenderne uno con la mano sinistra senza guardare e poi ne spiega con cura il significato. C’ero stata una volta sola, qualche anno fa, quando una collana gialla mi aiutò a celebrare uno sventato pericolo. Quella volta lì pescai la carta della luna, il femminile.
Le ho detto che ero lì per scegliere, per quel pomeriggio, qualcosa, un piccolo talismano, che mi facesse sentire forte. Avevo bisogno di ritrovare la mia forza, per compiere un importante, ma difficile, atto di autodeterminazione e libertà.
Abbiamo guardato un po’ in giro, lei mi ha consigliato diversi simboli (leoni, corone, cuori) ma io non ho avuto alcun dubbio: ho scelto un anello con la foglia di un gingko biloba. Nel breve tempo di quella ricerca bislacca tra sconosciute, a un tratto lei si è raccomandata con me: oltre alla forza, oggi usi anche la compassione. Prima di uscire, ho pescato la carta del sole, la buona riuscita.
Poi, sono andata dove dovevo, ho compiuto l’atto di autodeterminazione con la forza che desideravo, la compassione che mi è stata raccomandata e una grandissima tristezza.
Ho sentito, dopo, il bisogno di uscire a respirare; ho camminato senza giacca nel freddo del pomeriggio a un passo svelto che, senza saperlo, mi ha portato in una piazza dove mi sono fermata davanti ad un enorme specchio rotondo davanti a cui ho aperto le braccia dicendomi: sono viva, sono intera.
Poi, sono tornata indietro e sulla mia strada mi sono imbattuta in una scena di maltrattamento di un uomo a carico di una ragazza a cui veniva impedito con urla e strattoni di salire su un’auto. Lui gridava a lei quanto fosse stupida a fare quella scena che aveva fatto fermare me a guardarli. Dopo aver chiesto a lei se stesse bene, mi sono rivolta a lui, spinta da un’energia che non conoscevo, per dirgli che era lui che stavo guardando, era lui che stava facendo qualcosa di sbagliato. Quando finalmente se n’è andato via da lì, con una gestualità altrettanto violenta, Vittoria (questo non è il suo nome vero, ma è così che voglio chiamarla per quel percorso che sta per fare di liberazione) e io abbiamo trovato riparo sul divanetto di un negozio di parrucchiere che hanno accolto la sua disperazione.
Lì, mi sono sfilata l’anello e gliel’ho consegnato.
Tra i suoi singhiozzi inconsolabili e una serie insistente di telefonate da parte di quell’uomo, le ho raccontato che le stavo dando un anello di cui avevo avuto una necessità irrazionale e di cui ora era forse lei ad avere bisogno. In preda a non so quale delirio, le ho spiegato tutto per filo e per segno: Il Ginkgo Biloba è un albero antichissimo, che risale al Paleozoico, 250 milioni di anni fa. Esemplari sono sopravvissiti alle ere glaciali del Quaternario. Il Ginkgo ha resistito anche alla devastazione della bomba atomica: sei esemplari, testimoni silenziosi della tragedia di Hiroshima, continuano a vivere nel giardino Shukkei-en. Il Ginkgo ha una straordinaria resistenza agli attacchi di parassiti ed un’eccezionale tolleranza alle condizioni ambientali avverse.
Saputala al sicuro, almeno per quel pomeriggio, le ho lasciato il mio numero e sono tornata a lavorare. Nelle ore successive ho molto pensato a Vittoria e anche a quell’anello, dandomi anche un po’ della sciocca, perché forse quello non era proprio il momento per.
Poi, il giorno dopo è arrivato un messaggio di Vittoria, che era uscita di casa quel giorno ed era andata a farsi tatuare una foglia di gingko sulla pelle.
Sono poi tornata in quel negozio, la padrona ha tirato fuori dal cassetto un sacchetto con decine di anelli, ma niente, nessun gingko. Ce n’era uno soltanto e ora è di Vittoria. Sono uscita con in tasca la carta della ruota della fortuna, quella dei nuovi inizi.
Chissà se Vittoria troverà la sua forza, la sua autodeterminazione e la sua libertà attraverso quella foglia, chissà se esiste il destino a governare certe giornate e certi incontri, oppure se a esistere sono unicamente la nostra forza e resistenza e compassione e tristezza.

5 pensieri su “Foglie di gingko

  1. Non so che dire. Il racconto è molto bello e ben scritto. Poiché, oltre a non essere credente, non sento neppure il bisogno di gesti o di oggetti propiziatori, faccio un po’ fatica a comprendere gli eventi descritti. Certamente, se avessi assistito a quella scena, sarei intervenuta, come hai fatto tu, per proteggere quella ragazza e avrei cercato di convincerla a rivolgersi alle forze dell’ordine o al 1522. Mi spiace solo che il tuo gesto impulsivo di generosità ti abbia privato di un anello, unico, che ti aveva istintivamente attratto.

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