Sono giorni che chiedo a chiunque incontro che anni si senta di avere. Non so come mi sia presa questa fissazione. Nemmeno ho ingurgitato madeleine a tradimento, eppure devo essere stata rapita da una epifania circa la mia età percepita.
Lo ammetto: ho scoperto di essere una trentenne di trentacinque anni.
Intendiamoci, non una trentenne che sta vivendo il decennio tra i 30 e i 39 anni. Proprio una trentenne di trent’anni tondi. Se nel dormiveglia qualcuno venisse a sussurrarmi all’orecchio un fatale “Quanti anni hai?“, il mio supergo addormentato sentirebbe l’inconscio rispondere “Trenta“.
Meno di trenta proprio no, ho già fatto troppe cose perchè potessero starci in meno di sei lustri e, quando me lo dico, mi accorgo di pensare essenzialmente ai miei tre giovani capolavori di cellule e pensieri. Ma è possibile che tra i 30 e i 35 si sia generato un wormhole, una specie di scorciatoia esistenziale o di ibernazione della mia nozione del tempo?
Non so cosa causi la mia discronia cronica, ma so che ne soffre il 99% di tutti quelli che hanno risposto alla mia domanda. Mediamente mi si è confessato di sentirsi tra i 5 e i 10 anni in meno. Poi c’è una piccola percentuale di bipolari anagrafici, quelli che a seconda del momento della giornata si sentono 21enni o 94enni. Nessuno che dichiari sinceramente di sentirsi l’età che ha. O, meglio, uno c’è stato, ma poi è tornato sull’argomento giorni dopo per ritrattare.
Circa l’età, i pasticci psicologici sono sovrannumerari.
I traguardi anagrafici, per esempio, vivono in una bolla anarchitettonica, dove vige la regola della prospettiva inversa. Da Giotto in poi si è capito chiaramente che gli oggetti sono piccoli se li vedi da lontano e diventano grandi man mano che l’osservatore gli si avvicina. Per l’età vale una misteriosa regolazione opposta, secondo la quale quarant’anni sembrano il Fuji quando sei un ventenne, a trent’anni li vedi come il Monte Tabor, a 39 anni e 364 giorni li percepisci come un calcolo renale.
Ma l’aspetto peggiore da affrontare sono gli occhi degli altri.
Ieri a pranzo coi colleghi ci siamo avventurati sui tavoli di legno sotto le betulle, qui nel campus. Arrivati lì, abbiamo scoperto che erano tutti occupati da studenti col naso nelle dispense e denti nel panino. Alla fine, abbiamo invaso il tavolo di una giovane studentessa che, suo malgrado, si è trovata a chiacchierare con noi. Lei ventenne, noi molto di più, ci siamo sentiti in dovere di fare comunque dei discorsi che non tradissero le nostre verità anagrafiche. Discorsi da supergiovani, che (almeno nelle nostre teste di trentenni) potevamo tranquillamente indurre la nostra giovane commensale ad attribuirci una venticinquina d’anni al massimo.
Quando ad un certo punto della conversazione, salta fuori che ho sulle spalle una tripla progenie, sento lo sguardo allibito della studentessa su di me. Il suo stupore mi provoca una certa ebrezza, sicuramente sta pensando di come sia possibile che una così giovane possa avere già tre figlie- ridacchio tra me e me. La mia discronia si nutre di quell’incredulità, tanto più che mentre parlo lei non sposta lo sguardo dal mio viso. Cammino quei 2-3 millimetri sopra il pavimento, sostenuta dalla mia apparente gioventù.
Finchè non arrivo in bagno e lo vedo. E’ lì tra gli incisivi, nero e pungente come gli occhi di un gerbillo. Un chicco di riso venere. Ecco cosa guardava la ventenne mentre parlavo. Non vedeva la mia gioventù, vedeva un residuo di cibo tra i miei denti.
E’ ufficiale: sono una deficiente di trentacinque anni.
Favoloso! Sto leggendo a caso qua e là, ma questo post detiene il primato del top of the post!!! Se mai farai una classifica delle preferenze dei lettori…. Ti prego, considerami per questo!
p.s. Ho superato i trenta da nove anni ma mi sono fermata ai 32- 33. A trentacinque anni sono stata sottoposta a un intervento e l’anestesista mi fa:”Quanti anni hai?”. Io sono rimasta muta e pensavo: “Ma si può che ho 35 anni???”. Lei avrà pensato fossi una mezza rimbecillita…
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tutte uguali noi circatrentenni!
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