– Mammaaaaaaa– mi accoglie un giorno, gioiosa, Miss T- lo sai che amo Pinco e anche Pallino?–
– Sì, però non glielo dire–
– E perché?–
Già, perché? Non so risponderle, lascio cadere il discorso.
Quando, tempo fa, ho aderito a un’iniziativa culturale in cui era richiesto di adottare una voce del dizionario, ho scelto il sostantivo pudore. L’accezione a cui sono particolarmente affezionata è quella che rimanda al riserbo più che alla vergogna, o almeno questa è una delle storie che amo raccontarmi quando penso a me. Tutti ci raccontiamo cose su noi stessi. Càpita che siano leggermente più dolci della verità.
Il mio riserbo non mi fa scrivere praticamente mai dell’amore, mi fa mal disporre nei confronti del romanticismo, mi impedisce certe letture melense, mi fa parlare di sentimenti coi gesti e poco con le parole. Mi ha impedito, giovane da far schifo, di dichiararmi innamorata quando credevo di esserlo. Mi fa risuonare un sotterraneo fastidio mentre scrivo queste parole. Mi ha fatto scegliere di accompagnare questi pensieri da un elettrocardiogramma invece che da un cuore. Mi fa pronunciare pochissime volta la frase “ti voglio bene” verso una persona adulta, anche quando non c’è verità più vera di questa.
Come questo pudore possa andare d’accordo con lo scrivere un diario personale che può essere letto da chiunque sulla rete è per me, non tanto un mistero, quanto, forse, un antidoto, una palestra, una declinazione del possibile. È una sorta di passaggio necessario, anche se non lo sapevo, verso l’occuparsi d’altro, di scrivere fuori dal me, dove il mio pudore occupa un posto molto più piccino.
Quello stesso pudore che sento come caratteristica costitutiva, però, mi impedisce anche di lamentarmi delle mie sfortune minori, di gongolarmi troppo nelle mie piccole fortune, di non scoprire il corpo e l’anima più del necessario, di mantenere una misura nelle cose.
Vorrei che anche le mie bambine avessero la giusta misura, forse un poco meno della mia, di questa cosa qui. Miss T, dai, forse è giusto che tu ti senta libera di dire a Pinco e anche a Pallino che ti piacciono. E sarai libera di dire che questo non valga magari più, tra qualche giorno.
Però il romanticismo… 😍😆
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chissà…magari invecchiando…
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Mi sembra un ottimo insegnamento
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boh, speriamo!
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Ce n’è così poco in giro, del pudore intendo, che vale veramente la pena di conservarlo e
tramandarlo.
A onor del vero, chi pratica ancora il pudore naturalmente si vede poco in giro, non si mette in mostra, perciò vediamo solo, e troppo, chi di pudore ne ha poco.
Un abbraccio.
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ciao Neda, io forse sono una specie di chimera: il pudore che, scrivendo, si mostra. Chissà se questo ha un senso…ti abbraccio!
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Si mostra, sì, ma non in modo spudorato.
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