Inattese melodie

Una volta che mi sorprese percorrere a passo svelto e occhi stretti il corridoio buio di casa sua, mia nonna A mi chiese la ragione di tanta preoccupata fretta. Confessai di aver paura dei fantasmi. Mia nonna aveva in quella casa un tavolino con tutte le foto dei parenti defunti (nella maggior parte dei casi prima che io potessi conoscerli). Tra l’altro, credo per una scarsa abitudine di mia nonna alla fotografia, erano quasi tutti (tranne la zia Giuseppina in piedi su un prato) dei duplicati delle immagini appese alle lapidi. Passare davanti alla sala buia in cui nel silenzio giacevano quelle lugubri foto era per me un’operazione talvolta inevitabile ma blandamente terrificante.
– I fantasmi?-
– Sì, nonna: i morti-
– Oh, gioia-  mi disse- magari i morti tornassero a parlarci! Magari potessi rivedere mia mamma, mio papà, mio marito, mia sorella. Cosa darei per incontrarli ancora almeno una volta soltanto: il problema vero è che mica ritornano!

Quel giorno mia nonna A mi diede una serie di lezioni che, man mano che passa il tempo, diventano sempre più numerose.  Mi sforzo di riportarle nell’ordine in cui le ho capite.

Prima lezione: i morti sono stati vivi.

Seconda lezione: i modi per guardare a una cosa sono sempre almeno due.

Terza lezione: i sentimenti che si generano nel guardare a una cosa sono almeno in numero uguale al numero delle persone coinvolte. Per uno che ha paura, per esempio, ce n’è almeno un altro che ha nostalgia. E la paura può nel tempo trasformarsi in nostalgia.

Quarta lezione: gli anziani sono un pozzo di conoscenza delle cose del mondo, foss’anche semplicemente perché la vita l’hanno vissuta. Cosa darei, oggi, per farmi una chiacchierata con mia nonna A, anche solo per dirle che aveva davvero ragione quella volta.

Quinta lezione: spesso quello che ci fa paura sono le definizioni. “I morti“, brrrrrr, suonava davvero terribile nella mia testa. “Mia madre, mio padre, mio marito, mia sorella“, pronunciati da lei, suonava pieno d’amore.

Sesta lezione: sforzarsi di dare un nome, una carne e una storia alle definizioni di uomo che ci destano preoccupazione può davvero far passare la paura e accendere inattese melodie.

10 pensieri su “Inattese melodie

  1. Questo post mi ha fatto ricordare mia nonna – ho la fortuna di poterla ancora vedere – che fa la stessa identica cosa suscitandomi tuttora la stessa paura. Lei al contrario si diverte a mettere benzina sul fuoco e una mattina a colazione era anche riuscita a convincermi del fatto di aver sentito il fantasma di mio nonno per casa!

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  2. La nonna mia, la Amelia, è mancata lo scorso anno, di questi tempi.
    pensa che caso, proprio stamattina alzandomi dal letto ho pensato alle tante cose che mi ha insegnato e che ancora emergono come lezioni forti, dal suo bel modo di stare al mondo…

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  3. Come al solito, leggendoti, si associano nella mia mente ricordi lontani che tornano a galla.
    Da bambina in orfanotrofio (il mio vero padre morì quando avevo due anni) molte di noi avevano paura dei fantasmi o dei morti, anche perché le suore passavano nelle camerate augurandoci la buonanotte “Pregate che non sapete se domani vi sveglierete” alimentando le paure infantili. Io speravo davvero che mio padre morto tornasse in vita a togliermi di lì, mica avevo aura di lui, anzi.
    Sono sempre molto belli questi tuoi racconti. Grazie per condividerli.

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