In questi giorni di collettiva straordinarietà e- meraviglia!- di straordinaria collettività, mi rendo conto di fare i miei più alti esercizi di libertà. Okay, non sono altissimi, ma per i miei standard sono dei gran balzi.
Come tutti, alterno vari stati dell’umore: la paura, il sollievo, la gratitudine, la tristezza. E quando mi piglia la mezz’ora della megalomania, mi sento vicina, non agli occhi, ma almeno all’altezza dei piedi, di giganti della storia. Anne Frank, Etty Hillesum, che ci hanno aperto la strada ad esercizi straordinari di libertà dentro ad una prigionia che aveva tratti di gran lunga più crudeli di quella che sto vivendo io. Non avrei mai pensato di vivere qualcosa di lontanamente paragonabile alla Resistenza e, invece, come tutti, mi trovo a fare esercizi di resistenza, sentendomi, anche qui, accoccolata ai piedi di cinture nere di libertà e resistenza.
Come loro coltivo pensieri belli, la fortuna di avere accanto le persone a cui più voglio bene, sia in corpo che attraverso conversazioni giornaliere o giù di lì. Cerco di essere utile nel mio piccolo, che, in questo momento, mi rendo conto essere veramente piccolo, ma, con questo, non meno prezioso. Cerco, come loro, di migliorare in qualche cosa. Nella pazienza quotidiana, nell’organizzazione della quotidianità, nel concepire pensieri nuovi. Leggo meno di quanto faccio di solito e lo stesso mi succede con la scrittura. Apprendo di me che per entrambe le attività ho bisogno di una leggerezza che in questo momento mi manca. Scopro qualcosa di nuovo di me, anche questo mi pare un traguardo. Provo a essere gentile, cerco di lavorare nell’ottica di fare qualcosa di utile a qualcuno che non sia io. Ballo con i vicini, ogni giorno alle diciotto in punto e scopro in loro una squadra a cui mi fa piacere appartenere. Dieci minuti al giorno, nella speranza di non disturbare o offendere nessuno. Guardo con ammirazione a chi lavora fuori, esposto al contagio per ragioni professionali. Prego con maggiore intensità perché la scienza trovi nuove soluzioni, quelle che ci salveranno. Quelle che, quando tutto sarà finito, ci porteranno in strada a festeggiare più forte che per la coppa del mondo. Ogni tanto penso con tenerezza alla me che si preoccupava dei pidocchi sulla testa delle bambine.
Mi sento straordinariamente libera, libera come non mai di scegliere di fare qualcosa di buono. E quel qualcosa per me è non mettere a repentaglio la salute mia e degli altri. Contribuire da dentro a casa mia a nuotare in acque scure per approdare insieme a un tempo nuovo, dove il tesoro che abbiamo custodito e fatto crescere al riparo dal mondo esterno in queste lunghe settimane, potrà essere condiviso con tutti.
Quando la mia mezz’ora di megalomania finisce, torno ai miei sentimenti più normali. Mi accompagna Etty e con lei la certezza che non sono i fatti a contare nella vita, conta ciò che grazie ai fatti si diventa.