E sì, insomma, sta succedendo. Erodaria non è più ricercatrice, è rimasta agroecologa, certo, ma non insegna nè lavora più all’Università. Erodaria, anzi, all’Università ci si è riscritta ed è ora al secondo anno di un percorso che la porterà sperabilmente ad una seconda laurea, questa volta da quarantenne, questa volta diametralmente opposta alla prima (crediti riconosciuti: 21 su 300), questa volta in Scienze della Formazione Primaria.
Ma la cosa bella è che Erodaria ha cominciato ad essere chiamata nelle scuole come supplente e ha tutta l’intenzione di riuscire a scriverne anche qui, tanto da iniziare addirittura una nuova categoria di post. La cosa strana, in effetti, è che per ora ne scriva in terza persona. La faccenda è stata naturale, uscita così per caso, ma le pare al momento una buona scelta stilistica.
Erodaria è diventata maestra per la primissima volta con la piccola C, una deliziosa bimba di cinque anni, con gli occhi da cerbiatto e i gorgheggi di un usignolo, a cui ha fatto sostengo per un giorno solo, che non dimenticherà. E la settimana dopo è diventata la maestra della quintaCì e in un’ora ha imparato i nomi di ventidue bambini molto vivaci in tutto, che l’hanno accolta in un modo così gentile, ma così gentile, da lasciarla davvero stupita. Anzi, meravigliata. La sera prima dell’inizio della supplenza, maestra Erodaria è stata preparata dalle tre massime esperte di casa, che l’hanno informata che le supplenti in genere non piacciono mai, ma che sì, forse invece ce n’è qualcuna che in effetti è stata brava, ma “Mamma, mi spiace, quelle brave erano tutte giovani, ormai è andata per te”. Parola di Mademoiselle C. Miss T si è raccomandata di farli uscire in giardino nell’intervallo e Signorina A si è vergognata alquanto quando ha scoperto che Maestra Erodaria ha grugnito in classe, facendo mostra di quanto sia realmente brava nel riprodurre il verso del maiale.
A maestra Erodaria i bambini della quintaCì hanno dato alternativamente della venticinquenne (“Maestra, ma sul serio fai motoria con noi? Ma quanti anni hai che sai ancora correre così?”) e della pensionata (“Davvero facevi un altro lavoro prima? Ah, beh, sì, certo, ora sei in pensione e vieni da noi a fare la supplente”).
Ogni mezza giornata di lavoro, maestra Erodaria torna a casa carica di una stanchezza tale che le sembra di essere in piedi da quarant’otto ore, ma sta scoprendo che è una stanchezza diversa da tutte quelle che ha sperimentato fino ad ora.
È presto perché lei si riferisca a sé stessa definendosi “maestra”, ed è per questo che parla di sé con questa buffa terza persona, ma diamole tempo: forse prima o poi lo farà. E se non lo farà, sarà forse per un piccolo vezzo letterario, che le perdoneremo.
Ma che bello
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